Recensione: Keith Richards – Main Offender

Torna Main Offender, secondo disco solista di Keith Richards.

Esiste uno scatto molto noto di Keith Richards che regge con la destra un inserto del Daily Tribune sul quale campeggia il titolo: “Pope declares: Keith Richards is God”. Personalmente non ho mai avuto nessun dubbio, anche senza la conferma del pontefice di turno. La ripubblicazione, dopo trent’anni, del suo secondo lavoro solista, Main Offender, registrato con i fidatissimi X-Pensive Winos, può darmi la possibilità finalmente di fare outing. Sì, sono richardsiano fino al midollo. Lo adoro irrazionalmente. Come un adolescente al primo amore. Ho iniziato a suonare la chitarra per copiarne le movenze. Ma non si riuscirà mai ad assomigliare a Dio. Basta solo tenerlo bene a mente. E ora, dopo questa premessa, vedrete anche come i richardsiani, quando parlano di lui, manchino completamente di obiettività, muovendosi in una bieca faziosità, di quella che non lascia spazio al contraddittorio. Keith Richards è indiscutibile. Un dogma. E basta. È la vita on the road, strepitosa e senza limiti, senza barriere. È l’uomo libero. E lo è stato da sempre. È l’ultimo dei romantici. E questa è solo una dichiarazione d’amore.

Le idee di Keith Richards brillano in Main Offender

Main Offender forse è la summa della sua concezione musicale. Ma si dovrebbe parlare di tutti i suoi lavori solisti, come di una trilogia perfetta: Talk Is Cheap (1988), Main Offender (1992) e Crosseyed Heart (2015). Sì. Perché nei Winos non c’è Jagger. E se il rapporto di amore e odio che li caratterizza ha contribuito, al netto di morti, passi falsi e cadute di stile, alla realizzazione della più grande rock ‘n’ roll band mai esistita, è da solo che Keith scrive e suona come più ama fare. Basta guardarlo e ascoltare quel che dice nel documentario Under The Influence, legato all’uscita del suo ultimo album solista. Che poi quelle ‘influenze’ siano indiscutibilmente presenti anche e soprattutto nei migliori lavori degli Stones è evidente e anche ovvio, visto anche che proprio quest’anno Richards (e gli Stones) festeggeranno il sessantesimo anniversario della band. Sono sessant’anni di musica suonata e vissuta al massimo, senza freni. Forse per sapere tutto questo, basta semplicemente guardare la sua faccia. Quella sulla copertina dell’album. Lì è tutto scritto. Ci sono i riff, c’è il suono, c’è il blues. C’è Londra, l’America, i Caraibi e la Francia del sud. Negli occhi dipinti c’è il fuoco sacro.

 

Forse basta averlo visto suonare al Beacon Theatre, per la rassegna Love Rocks NYC del 10 marzo scorso, con un sound, una vivacità, una naturalezza quasi imbarazzanti. Un’unione perfetta tra musica, corpo e chitarra. Di una bellezza quasi classica. 999, Wicked As I Seems, Yap Yap, Hate It When You Leave, Demon sono soltanto alcuni dei brani più significativi di Main Offender: potente rock e grandi ballate.

Tom Waits e Keith Richards

O forse basta soltanto leggere, su Keith e il suo modo di comporre, le parole di Tom Waits: «Tutti amano la musica. Quello che vuoi veramente è che la musica ami te. Ed è così che mi parve con Keith. Ci vuole una certa quantità di rispetto per tutto il procedimento. Non sei tu che scrivi lei, è lei che scrive te. Tu sei il suo flauto o la sua tromba; sei i suoi archi. Con Keith questo è molto evidente. Keith è come una padella forgiata da un unico pezzo di metallo. Può scaldarla parecchio e non si spezza, cambia solo colore. […] Ci gironzolammo intorno come due iene, guardando per terra, ridemmo e poi semplicemente mettemmo su qualcosa, un po’ d’acqua per la piscina. Keith ha istinti impeccabili, come quelli di un predatore. […] A Keith piacciono i diamanti nella polvere, gli piace la musica zulu, la musica pigmea, la musica arcana, misteriosa e impossibile da catalogare. […] Credo che oggi ci sia una mancanza di meraviglia. E Keith sembra ancora provare meraviglia per queste cose. Si ferma tenendo su la chitarra e sta lì a guardarla un momento. Un po’ stupefatto. Come tutte le cose grandi del mondo, le donne e la religione e il cielo…ti fai delle domande, e non smetti di meravigliartene».

E ora provate a dire che non è così. Grazie Keef!

Keith Richards – Main Offender
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Sono nato quando uscivano Darkness on the Edge of Town, Outlandos D'Amour, Some girls e Blue Valentine. Quasi a voler mostrarmi la strada. Ora leggo, scrivo, suono e colleziono vinili.

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