Lavender Country - Blackberry Rose

Lavender Country e il disco-ossimoro Blackberry Rose

Immaginiamo di non sapere niente di questi Lavender Country e ascoltiamo Blackberry Rose (Don Giovanni Records *) senza far troppo caso ai testi. Ci troviamo davanti a un album country dall’impianto piuttosto classico sia per l’ampia strumentazione sia per l’impostazione dei pezzi. La musica scorre certamente risaputa, ma anche piacevole, con arrangiamenti ricchi e ben studiati tra suono nashvilliano venato di hillbilly, qualche reminiscenza outlaw. un paio di tocchi cajun e uno spazio quasi western swing. Insomma un breve e intrigante ripasso di generi ‘campagnoli’. Anche il canto del leader della formazione (e principale compositore) Patrick Haggerty è di impostazione classicamente country, con qualche nota un po’ querula, e in tre occasioni lascia il posto a buone voci femminili.

I testi di Lavender Country – Blackberry Rose

Viene poi il momento di prestare attenzione ai testi, anche perché quella frase insistentemente ripetuta “I got the gay bar blues” ci ha detto che c’è qualcosa di strano. E basta solo una rapida scorsa per capire che  siamo di fronte a un disco-ossimoro. Se il country è genere per definizione conservatore e normalizzatore ecco scorrere una sequenza di canzoni che parlano  di amori omosessuali oppure interrazziali oppure omosessuali e interraziali. Poi ci sono discriminazioni di genere, matrimoni infelici e, come se non bastasse ancora, persecuzioni lavorative. Non a caso il titolo completo è Blackberry Rose and Other Songs and Sorrows. Ma attenzione, perché il dolore è sovente elaborato sotto forma di (amara) ironia.

Chi è Patrick Haggerty

L’inevitabile passo successivo è  approfondire il discorso complessivo per scoprire che questo è il secondo album a nome Lavender Country. Il primo uscì nel 1973 e circolò (dati i tempi e i temi trattati) in poche copie quasi solo nell’ambito della comunità gay di Seattle. Quarantanove anni dopo la distribuzione è internazionale, ma  l’effetto d’insieme continua a essere insolito e l’ormai settantasettenne  Haggerty  continua a definirsi orgogliosamente “screaming Marxist bitch” a dispetto dello Stetson che porta sempre sulla testa.

Di sicuro qualche nuova botta di “troia marxista” gliela garantirà l’unica cover dell’album. Si intitola Stand On Your Man ed è una parodia della celebre Stand By Your Man con cui nel 1968 – dunque in piena rivoluzione sessuale – Tammy Wynette invitava ogni brava signora statunitense a restare accanto al marito per quanto stronzo egli fosse. In questa attualizzazione, come già il titolo fa intuire, lo stronzo viene lasciato a pulire casa e a cambiare i pannolini ai bambini.

Lavender Country e un riconoscimento tardivo

A questo punto occorre ammettere che l’impostazione di questa recensione è falsa e il percorso  compiuto da chi scrive è stato l’inverso di quello raccontato. Il punto di partenza è stato il personaggio Patrick Haggerty/Lavender Country – finalmente interessante anche per le testate generaliste  – per poi passare ai testi e infine considerare il prodotto discografico Blackberry Rose. Il risultato però non cambia: un lavoro scorrevole, piacevole che si può ascoltare come disco country oppure come disco LGBTQ oppure come tutte e due le cose. Non è poco così come è poco ma sicuro che ad Haggerty un riconoscimento, per quanto tardivo, sia dovuto: “Nessuno voleva suonare con me. Non avevo possibilità di esibirmi come Lavender Country o in qualsiasi altro modo. Avevo una lettera scarlatta sulla schiena”.

(*) Il disco era stato originariamente pubblicato nel 2019 come stampa privata 

Lavender Country - Blackberry Rose
7,6 Voto Redattore
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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