On Pain: elettronica e canzone d’autore secondo Lloyd Cole.
Una vera garanzia di continuità e coerenza artistica senza fronzoli e divismo. Ecco un breve riassunto della lunga carriera di Lloyd Cole. Il sessantaduenne cantautore britannico porta avanti la sua musica da quasi quarant’anni, quando, nel lontano 1984, uscì Rattlesnakes. Il disco fu pubblicato sotto il nome di Lloyd Cole & The Commotions, probabilmente perché all’epoca i gruppi “suonavano” meglio dei solisti (Aztec Camera docet…). Rattlesnakes, con il suo grande successo, ha contribuito a costruire una carriera piuttosto piana, onesta e ricca di uscite regolari, ma anche di deviazioni tardive assai inaspettate. In questi ultimi decenni il raffinato pop-rock di Cole si è preso alcune pause, esplorando territori sonori più complessi, rinunciando occasionalmente anche ai suoi punti di forza, la calda voce e le chiare melodie.
Il percorso di Lloyd Cole verso On Pain
Assieme ad uscite più che dignitose sul versante pop (Standards vol.1, Broken Record), c’è lo sviluppo di interessanti progetti semi-acustici di riproposta (Slaughterhouse Studios 01/22/2010) e dischi di pura elettronica (Selected Studies vol.1, con Hans-Joachim Roedelius). Quest’ultimo interesse ha influenzato direttamente le sue ultime uscite. Il precedente disco di canzoni, Guesswork, è uscito quattro anni fa, ed era il tentativo (riuscito) di coniugare armoniosamente elettronica e pop music. A quell’ opera Cole dà adesso un seguito adeguato, aggiornato nei dosaggi e nell’intensità.
On Pain (earMUSIC) continua nella medesima ricerca sonora, con nuovi obiettivi e qualche svolta imprevista. I suoni sintetici sono di nuovo protagonisti, ma meno ossessivi e meccanici. In un brano, Warm By The Fire, vengono praticamente messi da parte, in favore di un sound più tradizionale. L’utilizzo della voce trattata (vocoder o autotuner che sia) sorprende parecchio, ma è anch’esso occasionale, figurando in un solo brano, Can Hear Everything. Basterebbero comunque i sette minuti della conclusiva Wolves a consigliarne l’ascolto. Come già in Guesswork, sia Blair Cowan che Neil Clark (ovvero l’ossatura dei vecchi Commotions) sono della partita, a confermare ancora la linearità di un brillante percorso creativo.
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