Il Viaggio porta Mélanie De Biasio in Italia (e in italiano).
Di Mélanie De Biasio abbiamo già parlato, qui a Tomtomrock, per l’EP Blackened Cities e il disco successivo, il notevole e più domestico Lilies. Del suo stile complesso e originale quindi già sapevamo: né jazz, né progressive, né cantautrice tout-court. In questo senso De Biasio non manca di sorprendere, perché Il Viaggio (PIAS/Le Label) affronta, per gran parte, un percorso della memoria, indagando tra le radici italiane della sua famiglia, divise tra l’Abruzzo e le Dolomiti. Ben sei brani del primo cd (sottotitolato Lay Your Heart To The Rail) hanno titoli nella nostra lingua, anche se solo due hanno un testo compiuto. L’italiano, per De Biasio, è un animale ancora da addomesticare, ed è usato come forza lirica, ad evocare ricordi familiari intensi e lontani, come in Nonnarina, il brano dedicato alla nonna friulana. L’artista ha soggiornato in Abruzzo, a Lettomanoppello, per circa un mese, registrando suoni e voci locali che ritroviamo talvolta come commento o introduzione all’interno delle canzoni.
Il secondo viaggio è in inglese
L’altra faccia del disco mostra brani strumentali (di forte impronta ambient) e altri cantati in inglese. Per quest’ultima lingua c’è stato l’intervento del poeta e scrittore americano Gil Helmick, mentre gli aspetti musicali sono stati curati dal compositore e musicista belga Pascal N. Paulus, con il quale Mélanie collabora da una quindicina d’anni. I due (oltre al flauto della leader) mettono voci, tastiere e chitarre, aiutati da David Baron, che aggiunge altre elettroniche, e dal cello di Rubin Kodheli. Il secondo cd ha come sottotitolo The Chaos Azure e contiene due soli brani, entrambi attestati sui venti minuti. Il secondo, Alba è contraddistinto dal titolo in italiano in omaggio ad un ambizioso progetto culturale che ci riguarda da vicino; è infatti il nome di una fondazione per aiutare lo sviluppo di diverse forme d’arte (una missione, la chiama Mélanie) sorta a Charleroi, nell’ex sede dell’ambasciata italiana.
A dispetto dell’eterogeneità dei materiali e delle lingue utilizzate, il progetto risulta di grande fascino, a maggior ragione per i temi e gli aspetti che coinvolgono l’Italia. Il disco, dedicato a David Sylvian, ha bisogno di pazienza e applicazione, ma non farà fatica ad entrare nell’anima di chi ascolta e a restarci per un bel po’.
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