Manning Fireworks: tormentate storie sudiste per di MJ Lenderman.
MJ (ovvero Mark Jacob) Lenderman ha 25 anni e proviene da Asheville, North Carolina. Da bambino ha fatto il chierichetto, giocato a basket e ascoltato, iniseme al padre, Neil Young, Son Volt e Drive-By Truckers. Più avanti ha scoperto Bonnie “Prince” Billy, Jason Molina, David Berman e valutato l’ipotesi dell’abito talare a cui ha infine preferito la chitarra elettrica. Ha esordito da solista nel 2019 e il suo nome ha cominciato a circolare nel ’22 con Boat Songs e l’anno dopo con Rat Saw God, terzo lavoro del gruppo di cui fa parte, i concittadini Wednesday.
Tutto questo non sembra un inevitabile viatico per la notorietà, eppure Lenderman è ormai qualcosa più che un nome di culto, tanto che a lui è interessato persino il New York Times definendolo “tragicomico poeta del southern rock”.
Il quadro sonoro di Manning Fireworks
Manning Fireworks (ANTI-) è dunque il difficile album della consacrazione in vetta all’indie, o forse oltre l’indie, e Lenderman mostra di saper gestire la situazione con una raccolta di canzoni che sanno essere personali oltreché inclusive degli insegnamenti di tutti i maestri summenzionati (e di qualche altro tipo i Pavement e Dinosaur Jr.). Ci sono gli attesi momenti alt-rock come Rudolph e She’s Leaving You alternati al country-rock di Wristwatch. alle derive southern di On My Knees o alle pigre ballate folk con violino quali la title-track o Rip Torn. E per finire il programma ecco i cinque minuti di distorsioni in coda a Bark at the Moon. A fungere da tratto unificante provvedono una voce strascicata senza risultare lagnosa e, in perfetta sintonia, un suono definibile come esistenzialista: pigro, dilatato, sempre sul punto di andare apparentemente alla deriva eppure sempre in pieno controllo di se stesso. A completare l’efficace, ancorché sghembo, quadro provvedono strutture melodiche ben congegnate e una chitarra a volte lirica, a volte abrasiva, a volte impegnata in curiosi duelli con la pedal steel. E non abbiamo ancora parlato dei testi.
L’importanza delle parole
Rispetto ai Wednesday siamo in una dimensione meno aspra, meno disagiata. Se lì le parole sono affidate a Karly Hartzman (compagna di Lenderman) e tendono al molto dissipato, in Manning Fireworks il nostro MJ propone uno sguardo sul mondo dai toni che, elaborando quanto scritto dal NYT, possiamo definire tragici ma venati di comicità o di grottesco. Ecco alcuni esempi: “Uno di questi giorni ucciderai qualcuno/ Perché ti ha fatto una domanda a cui non sai rispondere” (Manning Fireworks); “Raccogliere sperma dalle docce/ Sperando che le ore passino un po’ più veloci”, (Joker Lips); “Non sarei in seminario/ Se potessi essere con te” (Rudolph); “Ho un orologio da polso che è una bussola e un cellulare /E un orologio da polso che dice che sono completamente solo” (Wristwatch). Ritornando al confronto con i Wednesday, nel loro caso ci si sente distaccati dalle truci situazioni, qui è più facile qua e là riconoscersi e queste le rende ancor più temibili.
Manning Fireworks – triste senza essere disperato, cinico senza essere cattivo e, alla resa dei conti, molto coinvolgente – ha buone probabilità di finire fra i dischi migliori del 2024. Quanto alla copertina – anch’essa tragicomica ma nel modo sbagliato – ha già un posto assicurato nella Bottom Ten dell’anno.
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