I Modern Nature e Island Of Noise: il paesaggio è una cosa seria
Island Of Noise, così come i suoi tre predecessori a nome Modern Nature è il classico disco da ascoltare quando, passati i 40 anni ci si sente vecchi per il pop e il rock e si cerca – ma perché? – qualcosa di più serio. E allora niente di meglio di un lavoro a tema (diciamo il paesaggio, la flora e la fauna inglesi e il loro fascino arcano) pubblicato solo in vinile e accompagnato da un elegante volume alla cui stesura hanno partecipato poeti, scrittori, illustratori e persino un micologo (*). Fonte d’ispirazione è La Tempesta di William Shakespeare e un cortometraggio associa efficaci immagini alla musica.
Il ‘pacchetto culturale’ Modern Nature – Island of Noise
Island Of Noise è dunque un disco ben consapevole della sua importanza, della sua cultura, della sua ampia struttura. E fa bene a esserlo perché è, a tutti gli effetti, un disco importante, colto e ampiamente strutturato. Tutti elementi postivi che però possono avere un lato oscuro. Lato oscuro che esce allo scoperto se la consapevolezza diventa autocompiacimento e se l’album si ferma troppo spesso a guardarsi suonare.
Jack Cooper, ormai sdegnoso dello psych pop dell’altro suo gruppo, gli Ultimate Painting, stavolta opta per un suono fra jazz e folk (quel contrabbasso che fa pensare a Danny Thompson dei Pentangle…) con tocchi quasi improvvisati nel lavoro dei fiati. Non a caso fra gli ospiti figura il veterano della brit-avanguardia Evan Parker. Le melodie tendono al descrittivo e poco si curano di concetti tipo bridge e ritornello e la voce è meditabonda e quasi astratta. Siamo in un ambito di bucolica malinconia molto inglese con precedenti illustri quali The Garden di John Foxx o From Gardens Where We Feel Secure di Virginia Astley oppure ancora Avocet di Bert Jansch (di nuovo i Pentangle, dunque).
Le cose migliori arrivano alla fine
Chiaro che, dato il contesto, non ci si può aspettare grande brio, tuttavia l’effetto d’insieme è statico, talora persino pigro. E anche ripetitivo. Verso la fine qualcosa si muove con i fiati scoppiettanti di Brigade e il groove incantatorio, strutturato sul violino e su una voce finalmente vigile, della conclusiva Build, guarda caso miglior momento della raccolta. Ma forse è troppo tardi e il quarantenne di cui si è detto ha già deciso di tornare ai Ramones.
(*) Esiste anche un’edizione più economica con il solo vinile
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