La Bottiglia Blu: prima prova solista per Pierfrancesco “Pier” Adduce.
Fondatore e frontman dei Guignol, storica band milanese con la quale ha condiviso dischi e live per oltre vent’anni – oltre a scriverne praticamente tutti i testi – Pierfrancesco “Pier” Adduce affronta con La Bottiglia Blu la sua prima prova da solista. In questi casi la prima tentazione è quella di trovare le differenze con i dischi della band per cercare di capire cosa abbia portato al temporaneo – almeno così crediamo – “abbandono”. Differenze che certo non stanno nei testi, perfettamente in linea con le tematiche da tempo care ad Adduce: il male di vivere nelle periferie degradate e spersonalizzate, dove “angeli” e “demoni” convivono spesso all’interno della stessa persona e dove il “bene” e il “male” si intrecciano nelle occasioni che la vita offre tutti i giorni.
Il significato della Bottiglia Blu
La Bottiglia Blu del titolo, e del brano omonimo, può contenere indifferentemente vino o veleno e spesso sta a chi beve scegliere il contenuto, rischiando costantemente di sbagliare. Un mondo dove si intrecciano inestricabilmente rassegnazione e voglia di rivalsa, razzismo e solidarietà – magari nemmeno troppo chiaramente percepita come tale, ma provata quasi per inerzia di fronte a destini comuni -, rabbia e tenerezza.
La direzione musicale di Pier Adduce in La Bottiglia Blu
Musicalmente il disco segue la linea già tracciata dall’ultimo LP della band, Luna Piena E Guardrail, che aveva già visto un abbastanza marcato “addolcimento” della loro cifra musicale. Diversamente da quanto spesso accade in casi analoghi, Pier Adduce non si è avvalso dell’opera degli altri membri della band, ma ha realizzato il disco con l’aiuto del fidato Giovanni Calella – già collaboratore dei Guignol e che ne è anche produttore – e di alcune episodiche, ma significative, collaborazioni in alcuni brani. All’interno di un percorso sostanzialmente unitario e in cui è ben individuabile un fil rouge, il disco presenta nondimeno una certa varietà dal punto di vista musicale. Si inizia con Rimani Tu, caratterizzato da una solitudine folk-noir accentuata dall’armonica e dalla viola di Massimiliano Gallo. La Bottiglia Blu porta in scena anche il tema dell’incomunicabilità tra le generazioni in un’atmosfera di angoscia evidenziata dall’accompagnamento e dalla voce di Sarah Stride. Se Ci Manchiamo canta la insopprimibile necessità dell’amicizia in una “città vanesia e mercantile”, che “vende fumo e affari insieme”, il tutto addolcito dalla voce di Barbara D’Eramo e ancora dalla viola di Massimiliano Gallo. Non Per Amore si snoda sullo sfondo di percussioni quasi “africane”, con la viola che evoca suggestioni tra il balcanico e l’orientale.
Questa è un po’ la “cifra” musicale anche del brano successivo, La Scommessa, con l’aggiunta della voce di Sarah Stride che anche stavolta è utilizzata per dare un palpabile senso di angoscia. Canzone Del Teppista è il pezzo più “rock” del disco, mentre con Carta Moschicida si torna sul folk, con tanto di armonica. Fino In Cima, con quelle coppie di imperativi iniziali – “soffia e bestemmia, cammina e porta” – richiama il De André di Ho visto Nina volare (“mastica e sputa”), anche nella melodia e nella ritmica. Il brano finale Additivo, si deve alla penna dello scrittore Maurizio Baruffaldi e si dipana in un semplice quanto suggestivo dialogo tra voce e chitarra che, a nostro modestissimo avviso, richiama fortemente il Lou Reed di Magic And Loss. Del resto, fra “cantori dell’angoscia metropolitana” è quasi giocoforza intendersi.
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