Nina Hagen - Unity

Non ci si aspettava molto da Nina Hagen e da Unity. E invece…

Ci sono attese ed attese. Per il nuovo lavoro di Nina Hagen attesa forse non è il termine esatto. Pensavo si fosse definitivamente ritirata dai riflettori con l’ultima emissione del 2011, quel Volksbeat che poco mi convinse per via di un certo revivalismo fuori tempo massimo e anagraficamente imbarazzante, insomma una mezza sòla da parte di una artista che tanto ammirai.

Oggi esce, inatteso e forse per molti, appunto, inaspettato, Unity e son ben lieto di dire che le mille e una incarnazioni della cantrice teutonica ben si amalgamano in questo lavoro assai più coeso di alcuni precedenti.

Qui la 67enne polimorfa spazia letteralmente tra funk, dub, reggae e tanta elettronica di marca kraut (sarà anche perché uscito via Grönland?), pochissime concessioni commerciali e tanta voglia di farsi sentire, anche se la voce ha assunto, con gli anni, connotazioni più contenute e, a tratti, pare affiorare l’ombra di Tom Waits…

Nina Hagen – Unity: tante idee, ma anche tanta credibilità

Shadrock si apre quasi come un in/volontario ai conterranei Kraftwerk per poi aprirsi ad un up tempo sincopato e simpatico, United Women of The World sembra avvicinarsi al periodo Yoko di Sometime in New York City. Unity è anche un album politico: la collaborazione con George Clinton nel brano che dà il titolo al disco, Unity, va inquadrata nella questione Black Lives Matter e infatti alcuni campioni utilizzati nei brano utilizzati dal duo affrontano la questione con ovvi riferimenti alla drammatica scomparsa di George Floyd; il tutto sprofondato in un sinistro dub.

La cover di 16 Tons già circolò qualche tempo fa suscitando ilarità per la tonalità quasi maschile della voce, ma l’arrangiamento quasi madchester me la fa piacevolmente apprezzare, Atomwaffensperrvertrag pare invece uscita da My Life in The Bush Of Ghost, chi l’avrebbe mai detto…l’uso della twang guitar che pervade buona parte dell’album aumenta un senso di sinistri riferimenti che ben calzano a queste canzoni.

Gib Mir Deine Leibe si sviluppa su un tappeto sonoro rarefatto dove viene data rinomanza agli utilizzi della voce, Venusfliegenfalle è quasi Iggy Pop, come esimersi dai propri idoli… Redemption Day è invece cover di Sheryl Crow, una scelta bizzarra ma che rientra comunque negli intenti del lavoro e Geld, Geld, Geld è godibilissimo omaggio al kraut di Klaus Dinger e la sua Düsseldorf. Die Antwort Weiss Ganz Allein Der Wind è, attenzione, la Blowin in the Wind di Dylan in una versione tra l’acustico ed il siderale che la fanno capolavoro kitsch del disco. Open My Heart (Dinner Time) con le sue ranocchie apripista è ennesimo up tempo slow, episodio divertito e preludio alla sorpresa finale di It Doesn’t Matter Now, duetto con Bob Geldof, altro redivivo che ne esce meglio qui che non nel dimenticabile album reunion dei Boomtown Rats.

Disco quindi che nella sua multisfaccettata identità e, paradossalmente, Dis/unità ascolterò più di una volta, come già sto facendo, senza essere infastidito, cosa sempre più rara datosi il mio sempre più crescente caratteraccio. Danke Nina.

Nina Hagen - Unity
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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

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