L’Ugly Season di Perfume Genius e il sempre difficile passaggio dalla visione all’ascolto.
Recensendo per Tomtomrock Set My Heart On Fire Immediately di Perfume Genius Mauro Carosio notava come l’album presentasse alcune struggenti e ampie melodie fra pop e barocco per restringersi altrove in un intimismo fatto di troppa autocommiserazione e poca strutturazione. L’auspicio per il futuro era che le idee ariose prevalessero sulle stantie.
Le origini di Ugly Season
In verità, per Ugly Season (Matador) sono entrate in scena altre idee ancora, ma anche stavolta non tutto funziona. E se di scena si è parlato è perché l’opera nasce dalle musiche scritte per lo spettacolo di danza The Sun Still Burns Here, diretto dal nostro (con il nome vero Mike Hadreas) insieme a Kate Wallich. Difficile dire se la musica che si ascolta qui sia stata in qualche modo elaborata rispetto alla performance. In caso negativo siamo di fronte a un peccato di presunzione, in caso affermativo – e pare così sia stato – si può parlare di scarsa applicazione. Il punto è questo: suoni che abbiano abbandonato la loro parte visiva devono essere o emozionanti o intriganti/devastanti. Devono commuoverti o, all’opposto, appiccicarti al muro.
Perfume Genius e lo specchio
Non che Perfume Genius fallisca completamente nell’impresa. Quasi metà del programma cattura di sicuro l’attenzione, peccato sia interpolata – a volte nella stessa traccia – da momenti che lasciano perplessi: musica per non immagini, diciamo, e non è un complimento. Ci fossero più cose tipo i primi due apocalittici minuti (Current 93, Coil…) di Just A Room o la circolarità per voce, carillon e orchestra di Teeth, il buffo pop storto-Björk di Pop Song o il buon vecchio melodramma (con tinte francofile) di Photograph, si potrebbe essere contenti. Invece sul finale arrivano l’industrial saccente e confuso di Hellbent o l’ambient immobilista di Cenote (Brian Eno intravisto nella foschia) che rendono Ugly Season un disco che verrà abbandonato presto. Almeno a parere di chi scrive, ora alle prese con l’incalzante desiderio di passare ad ascoltare Jonathan Richman o il povero Dan Sartain o chiunque faccia musica senza guardarsi troppo allo specchio. Ed è lo specchio troppo grande, alla fin fine, il guaio principale di Perfume Genius.
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