Prima di Sign Of The Times: Prince and the Revolution Live.
Solitamente si usa indicare nel tour del 1987, relativo all’album Sign Of The Times, il momento più alto raggiunto da Prince sul palco, in quel caso aiutato da una band che manteneva solo in parte elementi degli ufficialmente dissolti Revolution. Prima il mito apparteneva al tour tra il 1984 e il 1985, di cui nel 1985 uscì un film per il mercato dell’home video intitolato Prince and the Revolution: Live, che oggi diventa anche un disco dal vivo pubblicato postumo. La registrazione coglieva alla perfezione il momento dell’esplosione del fenomeno Prince, quando l’album Purple Rain nel 1984 lo fece competere con le vendite dell’allora re della black music Michael Jackson.
Circolava già come bootleg
La pubblicazione ufficiale arriva dopo che comunque per anni vari bootleg di quel tour hanno girato nelle mani degli appassionati, anche perché il Principe è stato sempre avaro di pubblicazioni live (essendo anche il live di Sign Of The Times uscito come film e non come album, il primo live-record ufficiale è arrivato solo nel 2002 con One Nite Alone…, dopo ben 25 anni di carriera), e l’impressione è che, vista la mole impressionante di materiale buonissimo registrato sui palchi nel corso di una lunga carriera (purtroppo chiusa prematuramente), questa non sarà la prima uscita in questo senso. Il disco è stato registrato nell’ultima data del tour, nel marzo 1985, al Carrier Dome in Syracuse, New York, quando nonostante il management della Warner Bros insistesse per continuare la tournee visto il grande successo, Prince decise a sorpresa che era già ora di voltare pagina. Nell’aprile di quell’anno pubblicò Around The World In A Day, sorprendendo anche la sua stessa band che credeva di aver registrato solo dei demo durante le prove dei concerti del tour e non un nuovo album. Per cui qui dentro c’è tutta l’energia di uno show che chiude un capitolo, con Prince che non si risparmia, e i Revolution che girano a mille.
E se i brani di Purple Rain (eseguito nella sua interezza) mantengono una certa fedeltà con gli originali su disco (a parte allungare oltremodo le hit Baby, I’m A Star, brano che non annoierebbe anche se durasse 80 minuti, e la stessa Purple Rain, usata per il finale corale), le sorprese migliori vengono dal suo back-catalogue. Cinque brani arrivano da 1999, solo uno da Controversy, (la sexy ballatona Do Me, Baby), completamente ignorati i primi tre album, a vantaggio di molti brani rimasti poi relegati a b-sides come Irresistible Bitch, Possessed, God e la straordinaria How Come U Don’t Call Me Anymore.
La band di Prince and the Revolution: Live
Nella band alla batteria c’è ancora Bobby Z, mentre la funambolica Sheila E ancora si dedicava a cori, balli e percussioni, mentre il fulcro della band erano sempre la chitarrista Wendy Melvoin e la pianista Lisa Coleman (saranno famose anche da soliste come Wendy & Lisa), il fedelissimo Dr. Fink alle tastiere, e il fenomeno Eric Leeds, che da solo fa da sezione fiati alla band. In più, ma su disco si gustano un po’ meno, la schiera di corpi in movimento di Jerome Benton (un po’ il Sancio Panza di Prince, presente al suo fianco anche nei film del periodo), e altri come Greg Brooks, Wally Safford e le sinuose Apollonia 6. Una festa di famiglia, come era l’abitudine di Prince, in quella sua contraddizione di essere artista solitario ma con ampia corte al seguito. Per i fans, e non solo, un documento imperdibile, anche perché rispetto al video già noto, la qualità sonora è stata nettamente migliorata, contando che le VHS del periodo si sono in gran parte deteriorate.
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