Ryan Adams – WednesdaysPax Am - 2020

Ryan Adams: c’è solo l’artista.

Sgombriamo subito il campo da quella che sembra essere la questione fondamentale nel recensire Wednesdays, la nuova fatica di Ryan Adams: della vicenda che ha coinvolto il cantante americano, una storiaccia di molestie, emersa in piena tempesta #metoo, non me ne frega nulla. Per carità, nessun atteggiamento assolutorio verso quella che pare essere una condotta abbastanza schifosa, più che altro per il suo comportarsi come il più squallido dei cumenda, sfruttando il suo piccolo potere e la sua comunque non planetaria notorietà per importunare (forse molestare) giovani ed esordienti cantanti che si affacciavano nel mondo del music business. Ritengo fondamentale che si possano anche considerare le vicende personali per interpretare le opere degli artisti, ma solo dove vi sia un qualche rapporto tra la sfera personale e quella artistica. Altrimenti è un giochino inutile, oltre che ingiusto.

Ryan Adams – Wednesdays
Pax Am – 2020

In altri termini che un artista sia dal punto di vista umano un personaggio discutibile, o anche un vero pezzo di merda, a me interessa il giusto; certo sarebbe il massimo che tutti i nostri eroi musicali fossero giovani e belli, ma so per certo che non è così, e visto che ahimè, con questi eroi io non ci devo vivere (e nemmeno andarci a cena se è per quello), l’unica cosa che mi interessa è il prodotto artistico che mi possono offrire, che può essere sublime e rimane sublime anche se viene da un cretino, nella migliore delle ipotesi, o da un delinquente nella peggiore. Per chiarirsi: per me Be My Baby è e rimarrà sempre un capolavoro e continuerò ad entusiasmarmi al suo ascolto, e questo anche se l’ha scritta Phil Spector, un uomo spregevole e ripugnante (oltre che un vero delinquente).

Ryan Adams – Wednesdays: che peccato!

Detto questo, come è questo disco? La prima cosa che mi viene da dire è che è un disco piuttosto noioso. La scrittura dei pezzi è di buon livello ma il tono del disco è un po’ troppo uniforme, con una scarna strumentazione (chitarra acustica, piano, soffici tastiere, steel guitars, armonica), che invece di portare ad un suono che evidenzi la bontà dei pezzi, colora in maniera un po’ anonima il tutto. Non mancano ovviamente le buone, se non ottime, canzoni.

 

L’iniziale I’m Sorry And I Love You (benedetto ragazzo, dopo tutto il casino che hai combinato, proprio in questo modo dovevi intitolare il primo pezzo?), con il suo incedere che riporta al Neil Young di After the Gold Rush, una struggente e intensa When You Cross Over, dedicata al fratello scomparso tre anni fa, una Birmingham, che spicca per vitalità e riporta alla memoria la golden age del cantautore, tanto pare una outtake dello splendido Gold del 2001 (eh già, sono passati vent’anni…), la conclusiva Dreaming In Your Backyards, sognante e trascinante.

Pochi lampi, un po’ di noia.

Ma il resto è un insieme di canzoni dove non si riesce a cogliere alcun guizzo, né a livello di scrittura né di arrangiamento. Pezzi onesti, in cui si sente tra le righe la forte influenza del Neil Young più crepuscolare, ma nulla che ti resti attaccato alla testa o al cuore, tutto troppo uniforme, tutto troppo scontato. Non c’è nemmeno il mestiere un po’ paraculo a dare un pizzico di sostanza al tutto e l’impressione è più banalmente quella di un appannamento di ispirazione che ha colto l’artista di Jacksonville, che quindi ha deciso di giocare in retroguardia, senza esporsi e senza rischiare a livello di suoni e arrangiamenti, licenziando così un lavoro un po’ troppo banale, rapportato ovviamente agli standard che è lecito aspettarsi da una artista della classe di Adams. Peccato, un’occasione mancata. Fatta eccezioni per i pochi pezzi sopra citati, il resto è una melassa acustica che non rende giustizia al talento cristallino di Ryan Adams. Un disco noioso, e questo per un artista del calibro di Ryan Adams è un peccato imperdonabile.

Ryan Adams – Wednesdays
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Classe 1965, bolzanino di nascita, vive a Firenze dal 1985; è convinto che la migliore occupazione per l’uomo sia comprare ed ascoltare dischi; ritiene che Rolling Stones, Frank Zappa, Steely Dan, Miles Davis, Charlie Mingus e Thelonious Monk siano comunque ragioni sufficienti per vivere.

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