Recensione: Shame – Drunk Tank Pink

Shame: una strada per il “rock”.

Tre anni fa l’esordio degli Shame non era passato inosservato. La band inglese riusciva a farsi notare con Songs Of Praise, un album che, pur non aggiungendo nulla di nuovo, si proponeva come un ottimo biglietto da visita. Il quintetto londinese dimostrava di aver imparato benissimo la lezione dei grandi maestri del punk e della new wave delle origini. Quello che mancava era un tocco di personalità che potesse delineare con precisione un marchio di fabbrica riconoscibile. I ragazzi, probabilmente sapevano quello che stavano facendo, e con il primo disco il messaggio era chiaro: siamo bravissimi e ve lo stiamo dimostrando, il meglio deve ancora venire.

Recensione: Shame – Drunk Tank Pink
Dead Oceans – 2021

Ed ecco che a tre anni di distanza gli Shame complicano le cose e tornano sulla scena con un progetto che circoscrive e completa l’opera iniziata nel 2018. Drunk Tank Pink è un disco maturo e sfaccettato e gli Shame questa volta riescono a personalizzare uno stile che, attingendo ai fasti di un glorioso passato, lancia qua e là spunti di originalità inaspettata. Il post-punk oggi è diventata una definizione di comodo e il suo significato è sempre più vago e poroso. Stessa cosa per altri sottogeneri quali “indie rock”, “post-rock” etc. Lasciamo quindi da parte nominalismi e smanie definitorie per parlare di un disco che apre alla grande un anno che parte con una grossa ansia da prestazione.

Drunk Tank Pink: la varietà delle nuove canzoni degli Shame tra nostalgia e un futuro possibile

L’album si apre con Alphabet. Ottima partenza con un brano che tranquillizza i fan riprendendo il discorso di tre anni fa. Già dalla seconda traccia si cambia musica. Nigel Hitter spiazza e la band inglese guarda decisamente oltre. I richiami più immediati ci rimandano ai primi Talking Heads o ai Devo, ma la traccia di originalità accennata si lascia piacevolmente notare. Arriviamo a Born In Luton per renderci conto che siamo di fronte a qualcosa di quantomeno coraggioso. Qui i ragazzi si liberano dai protocolli e dai cliché mettendosi alla prova con un brano in cui la voglia di sperimentare si sposa con una struttura dissonante e fuori dai canoni più consueti. Stessa cosa succede in altri due momenti: Human For A Minute e Station Wagon.

 

Proprio in queste tre canzoni, non di facile presa, dove al ritmo spedito e martellante si sostituisce uno spazio introspettivo e inesplorato, si gettano le basi per un futuro possibile.  Con Water In The Well gli Shame riescono a conquistare una platea più vasta. Il brano in questione è anche il singolo del momento e strizza l’occhio al pop-rock senza scadere nell’ovvio. E per i più nostalgici ecco fornita una carrellata senza sosta di punk 2.0 con Great Dog, 6/1 e Harsh Degrees. Tutti contenti quindi? Probabilmente sì. Drunk Tank Pink ha tutte le carte in regola per lasciare un piacevole ricordo nell’anno appena iniziato e gli Shame possono tranquillamente ripresentarsi per la terza prova, che in questo caso dovrebbe avere l’aria di una sicura conferma.

Shame – Drunk Tank Pink
8,2 Voto Redattore
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Ha suonato con band punk italiane ma il suo cuore batte per il pop, l’elettronica, la dance. Idolo dichiarato: David Byrne. Fra le nuove leve vince St. Vincent.

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