Sufjan Stevens - Javelin

Javelin: l’intenso e dolente viaggio sentimentale di Sufjan Stevens.

Amor sacro e amor profano sono due temi ricorrenti dell’universo sonoro abitato da Sufjan Stevens. Spesso intimamamente connessi, si ritrovano protagonisti assoluti in molti dei suoi brani. Da questo punto di vista non fa eccezione nemmeno Javelin, nono album in studio dell’americano, che negli anni intercorsi fra The Ascension (pubblicato nel 2020) a oggi non ha comunque mai smesso di scrivere o produrre nuova musica, lasciandosi tentare da soundrack per film (Mystery of Love, pezzo inserito nella colonna sonora di Chiamami col tuo nome, fra gli altri) o composizioni per teatro e danza, due delle grandi passioni ‘stevensiane’.

In Javelin Sufjan Stevens ritorna a una dimensione autoriale

Tuttavia, per quanti attendevano da anni un lavoro meno sperimentale e più legato alla classica produzione cantautotoriale enormi erano le aspettative legate a Javelin (pubblicato da Asthmatic Kitty) e i desiderata  non sono stati delusi. Siamo di fronte a un album intenso e prezioso come per la quasi totalità della produzione di Sufjan, alle prese ancora una volta con storie in cui il confine fra passione e spiritualità risulta fragile e in continuo divenire. 

Scritti e composti da Stevens, impegnato non solo nel canto ma anche nelle parti strumentali (con l’immancabile Bryce Dessner dei National unica guest star presente con i suoi riff di chitarra in Shit Talk), i dieci pezzi sono una sorta di viaggio sentimentale. Ancora una volta musica e testi si sposano magnificamente sorprendendoci con continue variazioni di ritmo e passaggi inattesi da tenui trame acustiche a esplosioni di note, quasi a sottolineare i differenti stati d’animo vissuti dal protagonista.

I brani di Javelin

È la delicata e toccante Goodbye Evergreen, dedicata al compagno Evan Richardson scomparso prematuramente lo scorso 30 aprile, ad aprire il lavoro: un pezzo dalle infinite sfumature sospeso fra dolore e passione: “Addio, Evergreen/ Sai che ti amo/ Ma tutto ciò che il cielo ha mandato/ deve bruciare alla fine” canta Sufjan qualche attimo prima di un crescendo avvolgente che sfuma in un finale in sordina sublimato dalle note di un flauto.

In una sorta di itinerario tracciato pezzo dopo pezzo, come a voler dare l’impressione di una complessa semplicità, eccoci passare da a Running Start sottolineata da una semplice chitarra acustica in dialogo con voce e cori, all’intensa Will Anybody Ever Love Me? che riassume bene il desiderio di amore tanto umano quanto divino che da sempre sembra essere un’esigenza lirica e musicale di Sufjan.

Tutte e dieci le canzoni incluse in Javelin risultano necessarie nell’economia dell’album. In tal senso  perfetta risulta la sequenza che partendo da My Little Red Fox e passando per So You Are Tired culmina nella title track Javelin, intensa e cupa: “Cercando nella neve/  Per il giavellotto che non avevo /Volevo lanciarlo proprio contro di te/ Perché se avesse colpito il bersaglio/ Ci sarebbe stato sangue nel luogo/ Dove stavi tu”, recita la strofa introduttiva.

Chiude l’album la cover There’s a World di Neil Young, pezzo di cui Sufjan si appropria plasmandolo con la propria sensibilità fino a renderlo pressoché irriconoscibile rispetto all’originale.

Probabilmente il miglior disco di Sufjan Stevens

Siamo autorizzati a considerare Javelin l’album migliore sin qui pubblicato dall’artista americano, un perfetto mélange, di suoni, testi e sentimenti, a sottolineare una maturità ormai raggiunta che dà vita a uno stile unico e personale, espressione di una personalità  limpida e complessa.

Per problemi di salute, Stevens è stato costretto a rimandare la fase promozionale dell’album: speriamo possa recuperare a breve così da darci ancora una volta la possibilità di assistere a un live di uno dei musicisti più affascinanti in circolazione.   

Sufjan Stevens – Javelin
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Milanese trapiantata a Parigi, fra filosofia e diritto, le mie giornate sono scandite dalla musica. Amo la Francia, il mare e il jazz. I miei gruppo preferiti ? I Beatles, i Radiohead, gli Interpol e gli Strokes.

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