Il nuovo disco dei The Mountain Goats, Jenny from Thebes, è la prosecuzione di un discorso iniziato molti anni fa.
Rispettando la cadenza annuale che osservano scupolosamente da ormai cinque anni, arrivano puntuali i The Mountain Goats, con il 22simo episodio della loro discografia: Jenny from Thebes (Merge Records).
Dopo le ultime due prove (gli eccellenti Dark in Here e Bleed Out) che come ammesso da John Darnielle, lider maximo della band di Durham, erano il frutto del periodo di isolamento del lockdown, con questa opera i caproni sono scesi dalle montagne del North Carolina e si sono mossi fino a Tulsa, Oklahoma, dove ai Church Studios hanno inciso in poco meno di una settimana le dodici tracce per una quarantina di minuti di buona ed ispirata musica, del nuovo Jenny from Thebes. Siccome Darnille e soci, al di là del loro talento musicale verso un pop rock intenso ed elegante, sono anche dei personaggi particolari, hanno inciso quest’ultima opera come ideale seguito di un disco di ventuno anni fa (!), quell’All Hail West Texas, piccola gemma lo-fi del 2002, che suonata e registrata dal solo Darnielle narrava di “sette persone, due case, una moto e una struttura di accoglienza per adolescenti”, come recitava il sottotitolo del disco.
La registrazione e i risultati
Per questo seguito che descrive la vita di Jenny nel cuore del West Texas, tra il suo ranch e la inevitabile voglia di fuga, Darnielle ha scelto di radunare la band al completo, oltre a collaborazioni illustri, appoggiandosi alla chitarra di Alicia Bognanno dei Bully, agli arrangiamenti per fiati di Matt Douglas e ai cori di Kathy Valentine delle Go-Go’s.
Il risultato è un disco piacevolmente pop, con pezzi intriganti e coinvolgenti, in cui spiccano i fiati che danno un piacevole tocco soul al bianchissimo songwriting di Darnielle.
Il singolo apripista, Clean State, segna le coordinate del disco, un ritmo serrato di batteria a sostenere il piano che disegna la melodia, e poi inserti di archi e fiati a gonfiare il tutto. Ma altri episodi lasciano il segno: i Cars apocrifi di Only One Way, la scintillante melodia di Cleaning Crew, il pub rock di Murder at the 18th St. Garage, l’elegante rock FM della finale Great Pirates.
https://www.youtube.com/watch?v=VuO2gbeUzb0
Un piccolo difetto può forse essere trovato in una eccessiva uniformità della seconda metà del disco, anche se intendiamoci sono tutte canzoni più che piacevoli, ma forse un po’ troppo simili o, se non altro, senza un vero colpo di coda in grado di sorprenderti.
Un disco comunque da assaporare con calma, pezzo dopo pezzo.
Be the first to leave a review.