The Specials - Protest Songs 1924 – 2012Universal

La travagliata carriera di The Specials.

Che mi tocca fare…son contradittorio, mi lamento che in giro non c’è abbastanza aria di rivoluzione e quando una band che si fa chiamare The Specials esce con un lavoro di cover di canzoni di protesta mi ritrovo a storcere il naso. La storia degli Specials voglio riassumerla solo in due incarnazioni: quella della band nata sull’onda dello ska fine anni 70 e che, grazie al genio di Jerry Dammers, produsse 2 lavori fondamentali non solo per il genere e già con un notevole impatto politico nei testi (e ci metto pure gli Special A.K.A., si pensi a Free Nelson Mandela), e la band/ trio che dal 2019 è tornata ad esibirsi e ha dato alle stampe quell’Encore che, pur senza essere travolgente, se non altro manteneva qualcosa delle origini. Il disco, con i suoi arrangiamenti raeggati e soul, fungeva da ponte storico, un buon album a firma Hall/Golding/Panter con alcuni incisi politici notevoli.

In mezzo ci sta tutta la carriera solista e/o con altre band di Terry Hall dove sono stati toccati tutti i generi  possibili, dal pop alla contaminazione etnico musicale, ma le tematiche politiche sono sempre state presenti nei testi con una attenzione contemporanea notevole. Lo dico perché l’impressione che questo sia più un solista di Hall che un lavoro della band è forte.

The Specials – Protest Songs 1924 – 2012

Arrivo al dunque: Protest Songs 1924 – 2012 (Universal) contiene 12 cover di canzoni, appunto, di protesta che spaziano dagli Staples Singers a Leonard Cohen, da Frank Zappa ai Talking Heads, per citare i più noti ma l’esecuzione, gli arrangiamenti e, soprattutto, l’operazione in sé non mi trovano propriamente favorevole. Non dico che se ti chiami The Specials devi per forma farmi ancora saltare sulla sedia, ma l’impressione che ho ricevuto all’ascolto è quella di un lavoro motivato da nobile intento eppure riuscito, per essere generoso, a metà. La scelta dei brani è interessante, ma con tutto quello che sta succedendo, specie in Inghilterra, non dico che sarebbe stato necessario lavorare su “canzoni contro” inedite e attuali, però si poteva, almeno, tentare la carta di utilizzare un paio di cover e regalare a un pubblico che è tutt’ora affezionato qualche inedito, appunto, in piena brexit age…

L’esecuzione delle Protest Songs 1924 – 2012 e The Specials nell’età della Brexit

Non amo il fatto che alcune esecuzioni, oltre a non aver l’impatto testuale che all’epoca della loro uscita ebbero proprio perché calate nello zeitgeist del momento, siano buttate un po’ li, tra il busker e la gita fuori porta. Soprattutto perché forse il gimmick funziona meglio per i madrelingua che coglieranno al volo i testi e, sì, ci troveranno anche elementi dell’oggi, ma se penso alla fruizione senza l’immediata comprensione delle parole, il risultato musicale è decisamente sotto il tono che il nome della band dovrebbe rispettare.

 

Diciamo che la cosa che mi stona di più è proprio aver usato l’egida della casa madre probabilmente sapendo che il pubblico ci si butterà a capofitto invece che uscire, che so, come Hall-Golding-Panter sing protest songs, ma trovo che così, oltre ad una botta di coraggio, avrebbe avuto maggior dignità senza trovare la giustificazione della spontaneità…

Si stenta a cogliere il sussulto che, quando si palesa, rende ancora più frustrante il risultato finale, ossia quello di ascoltare un lavoro fatto con molto impegno dagli esecutori in termini di scelta politica, ma che per essere maggiormente goduto dall’ascoltatore, date le aspettative, avrebbe dovuto essere migliore e alternare i momenti, non pochi, di noia al furore interpretativo che alcuni testi avrebbero merito.

You say you want a revolution ma non stavolta.

The Specials - Protest Songs 1924 – 2012
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Collaboratore per testate storiche (Rockerilla, Rumore, Blow Up) è detestato dai musicisti che recensisce e dai critici che non sono d'accordo con lui e che , invece, i musicisti adorano.

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