Recensione: The The - The Comeback Special

Matt Johnson e la storia dei The The.

Ci sono cose che rischiarano le giornate, cose semplici, cose che magari pensi che possono portare sollievo a tutta l’umanità da quanto sono uniche ed emozionanti. Una di questa cosa è l’uscita di un nuovo disco dei The The, storico inesistente gruppo, formato da una sola persona, quel Matt Johnson da Londra, classe 1961, che ha attraversato gli anni ’80 con quattro gemme di post-punk a tinte soul e pop (Burning Blue Soul, Soul Mining, Infected e Mind Bomb), per poi accompagnare i novanta con il ruvido Dusk, il sorprendente omaggio a Hank Williams (Hanky Panky) e il notturno Nakedself del 2000. Da lì, complici anche alcune vicissitudini personali (su tutte la morte improvvisa nel 1998 dell’adorato fratello minore e come se non bastasse, nel 2016, anche quella di un altro fratello, autore dei meravigliosi disegni della copertine dei primi dischi), un sostanziale silenzio, con colonne sonore, sonorizzazioni varie ma senza mai un vero e proprio album di canzoni nuove e con l’interruzione di ogni attività live.

The The – The Comeback Special, ovvero l’ultimo (per ora) tour di Matt Johnson

Fece quindi scalpore nel 2018 l’inatteso annuncio di un tour di ritorno sulle scene (il Comeback del titolo), che attraversò Inghilterra, U.S.A. e Australia. E proprio di questo tour, del quale a queste latitudini abbiamo solo potuto leggere commossi e invidiosi gli entusiastici resoconti di chi c’era, questo disco rende testimonianza, riportando la performance tenuta alla Royal Albert Hall di Londra.

Gioca in casa quindi il nostro Matt e la prima cosa che salta all’orecchio ascoltanto The Comeback Special (Cinéola, Ear Music) è la considerazione che il pubblico di oltremanica ha di questo artista nonostante il basso profilo da outsider che ha sempre voluto dare alla sua carriera.

Una band all’altezza

Ad accompagnarlo una strepitosa band di quattro elementi che sembra costruita a tavolino, con Earl Harvin, compagno dell’ultimo scorcio di carriera alla batteria, DC Collard, sodale a inizio anni’90 a piano e tastiere, Jamse Eller, complice delle avventure degli anni ’80 al basso e Barrie Cadogan alla chitarra, consigliato dall’ex Smiths Johnny Marr, partner in crime di Johnson in più occasioni e soprattutto amico e grande estimatore del nostro. La band è in totale stato di grazia, guidata in modo magistrale da Johnson, capace sempre di scuoterci con la sua voce calda e avvolgente, che caratterizza tutti i pezzi con il suo incedere blues.

The The – The Comeback Special non è un greatest hits

Da artista sensibile e mai banale MJ decide di puntare su una scaletta che non si limita a riprodurre i maggiori hits (perché sì, nonostante una vita artistica passata costantemente all’estrema periferia del mainstream il Nostro è riuscito anche a produrre anche una manciata di successi), ma che punta su una raccolta di canzoni che testimonino i suoi diversi periodi e che vengono presentate in questo concerto in una vesta sonora diversa dell’originale, in modo non scontato, con interpretazioni più asciutte che amplificano il lato più propriamente blues dell’artista, trasformando per molti versi questo live da una semplice e, per molti versi, dovuta celebrazione di un talento e di una carriera unici, in un vero e proprio “nuovo” disco dei The The, da tanto è il vigore, la potenza, la fantasia e il gusto con cui le vecchie canzoni vengono presentate.

 

Difficilissimo veramente elencare i singoli brani, tanto è alto il complessivo livello con cui tutti gli episodi vengono presentati. L’incipit è affidato alla notturna e sinuosa Global Eyes da Naked Self, che trascina tutto l’uditorio in un doveroso stato di estatica e concentrata partecipazione: attenzione, sembra dire Johnson, qui si fa musica sul serio, musica dell’anima, del corpo e della mente (per riprendere i titoli dei primi dischi), musica implacabile nei suoi ritmi, squassante nei suoi lampi elettrici ma nella quale ti puoi abbandonare a melodie irresistibili e a squarci di dolcezza improvvisi.

Difficile scegliere in un repertorio così alto

Da lì in avanti è tutto un susseguirsi di pezzi uno meglio dell’altro, dai quali come detto è veramente difficile pescare: scegliamo Flesh & Bones, piccola gemma del 1985, uscita all’epoca solo come singolo, blues urbano che non fa prigionieri e che sfocia in una ritornello da cantare fino a sfinirsi, portato in alto da un tappeto di organo magistrale, una Beat(en) Generation, spogliata della sua veste sbarazzina e alt-country della versione su Mind Bomb (anno di grazia 1990) e presentata qui, rallentata e sussurrata, amplificata così nella sua grazia e nella bellezza della struttura, con un irresistibile tappeto ritmico, che sostiene i lievi arpeggi di elettrica e il canto strepitoso della melodica. C’è poi lo scatenato rockabilly di Armageddon Days (Are Here Again), con tanto di svisata di chitarra che pare di avere sul palco Scotty Moore con Elvis, la We Can’t Stop What’s Coming, singolo improvviso del 2017 scritto a quattro mani con l’amico Johnny Marr, che all’epoca, confessiamolo, ci lasciò tiepidi, ma che qui viene esaltato e riportato a nuova veste, esaltandone il carattere agrodolce.

L’apoteosi di The The – The Comeback Special

E poi ancora l’irresistibile This Is the Day (diciamocelo, è possibile riuscire a scrivere una canzone più bella?), melodica a cantare e arpeggi di elettrica a sostenere una melodia che ancora toglie il fiato, la gemella Uncertain Smile (dovrebbero bastare solo questi due pezzi e inserire Soul Mining nei migliori album di sempre), anche qui una scrittura magistrale, una pop song nel miglior senso della parola, chitarre a reggere un giro melodico che rimette il sangue in circolo e coda pianistica solenne e trevolgente. Nel mezzo c’è spazio anche per la sorpresa di Like a Sun Rising Thru my Garden, dritta dritta dal disco di esordio Burning Blue Soul, tirata e rabbiosa, mentre la chiusura è affidata alla dolcissima Lonely Planet, che dopo tanta notte, tante invettive, visioni apocalittiche e canti disperati lascia un raggio di solare speranza per il nostro futuro.

Disco bellissimo quindi (veramente sanguina il cuore a non poter elencare tutti i pezzi), che ti lascia con gli occhi lucidi ad ascoltare le allucinate prediche di un vecchio amico che ti scuote e ti culla con i suoi sermoni, che scopri essere sempre attuali.

Le ultime notizie su Matt Johnson

Speriamo che la pubblicazione di questo album possa segnare il ritorno dei The The alla pubblicazione di nuova musica e di nuovi concerti. Ricordiamo che per non farsi mancare nulla nella primavera del 2020, in piena emergenza Covid, il nostro Matt ha anche dovuto subire un delicato intervento chirurgico per un infezione alla gola, cosa che per un cantante non è proprio uno scherzo ma che dalle ultime notizie, oltre a essere perfettamente riuscita, pare non abbia lasciato alcuna conseguenza per la possibilità di Matt di continuare a cantare.

Davvero il nostro mondo ha ancora bisogno del lucido predicatore che già dagli anni ’80 lanciava i suoi strali contro le religioni, i vari imperialismi, che cantava la disperazione e le difficoltà dell’amore, ma che soprattutto regalava a quelli che avevano voglia di ascoltarlo una raccolta di diamanti sonori, accecanti nella loro nitidezza e nella loro bellezza e che regalavano una versione originale e moderna del vecchio e intramontabile spirito blues.

La sensazione da questo disco è che questo talento sia ancora tutto lì; periamo che Matt Johnson abbia ancora voglia di offrircelo.

Per ora godiamoci con infiniti ascolti questa piccola gemma.

The The - The Comeback Special
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Classe 1965, bolzanino di nascita, vive a Firenze dal 1985; è convinto che la migliore occupazione per l’uomo sia comprare ed ascoltare dischi; ritiene che Rolling Stones, Frank Zappa, Steely Dan, Miles Davis, Charlie Mingus e Thelonious Monk siano comunque ragioni sufficienti per vivere.

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