The Wreckery - Fake Is Forever

Con Fake Is Forever Hugo Race resuscita il suo progetto anni ’80: The Wreckery.

Non contento di tenere in piedi almeno quattro progetti musicali anche assai diversi tra loro – senza contare quelli con Gianni Maroccolo e con Steve Kilbey, che devono ancora vedere una pubblica epifania – adesso Hugo Race si mette persino a resuscitare i morti. Il musicista di Melbourne ha infatti rimesso in piedi, non sappiamo ancora se episodicamente o in forma stabile (almeno in Australia perché non sono previsti tour all’estero) la sua vecchia band The Wreckery, da lui fondata nel 1985 appena dopo l’uscita dai Bad Seeds di Nick Cave.

The Wreckery in una formazione pressoché immutata

In realtà i “morti” sono ancora ben vivi, anche perché – a differenza di quanto spesso accade in simili occasioni – il line up della band è per la quasi totalità quello originale: Race voce e chitarre, Ed Clayton-Jones chitarre e tastiere, Nick Barker basso e Robin Casinader, che ha abbandonato la batteria per dedicarsi a Hammond, mellotron, mandolino e violino. Alla batteria è subentrato Frank Trobbiani e si è aggiunto Charles Todd ai sassofoni.

Fake Is Forever fra passato e presente

Un tuffo nel passato? Anche, in parte; ma non certo una semplice “operazione nostalgia”, che sarebbe modalità assolutamente aliena dalle corde di Hugo Race. Se da un lato il disco ci fornisce anche una sorta di riassunto della scena musicale australiana degli anni ’80 – da quella più dura dei Birthday Party e dei primi Bad Seeds alle atmosfere dolcemente romantiche di The Church e The Apartments, fino all’allegra spensieratezza degli Hoodoo Gurus – dall’altro non può non subire l’influsso delle esperienze accumulate da Hugo Race in tutti questi anni.

Così il brano d’esordio, Smack Me Down, è una sorta di blues acido alla Birthday Party segnatamente marcato da intermezzi di chitarre “grattate” su un sottofondo pressoché costante di sax baritono. Tutt’altra atmosfera ci aspetta in The Devil In You, una lenta ballad in cui la voce di Race si fa più morbida e vellutata e che richiama molto da vicino le sonorità ovattate di molti brani dei “suoi” Fatalists. Voce che si incupisce un po’ alla Nick Cave nella successiva Stole It From The Alpha Ray per culminare in un finale arrabbiato cui fa peraltro da contraltare la voce dalle tonalità assai più morbide di Nick Barker. Con Whistle Clean si torna a situazioni tipicamente Fatalists, anche qui evidenziate dal controcanto di Barker in contrasto con la cupezza del sax baritono.

Il disco prosegue con brani (Get A Name, Evil Eye, Dragonfly e la finale Young People) che richiamano da vicino, anche nelle tematiche dei testi – spesso pervasi da una sorta di “religiosità laica” -, un’altra delle più durature incarnazioni di Race, quella con i True Spirit: un rock-blues acidificato – quasi esasperato nell’ultimo brano per oltre sette minuti – basato su batteria e chitarre distorte ma non troppo, ancora caratterizzato da un uso pressoché costante del sax. Singolare parentesi  è Garbage Juice, introdotto da una cantilena accompagnata da sonorità quasi orientaleggianti che richiamano il suono del saz elettrificato di Murat Ertel nelle ultime apparizioni dell’ennesima incarnazione di Hugo Race, quella con i Dirtmusic, e che rivestono un testo carico di crepuscolare malinconia: “And I grew old watching all my friends die / Goodbye everybody I love”.

Che dire? Anche stavolta Hugo Race mi ha negato la possibilità di poter per una volta parlare male di un suo disco!

The Wreckery – Fake Is Forever
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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