Titus Andronicus - An ObeliskMerge Records - 2019

Titus Andronicus fra Shakespeare e punk’n’roll.

Titus Andronicus - An Obelisk
Merge Records – 2019

UAN-CIU-FRI-FO’ e parte il punk’n’roll dei Titus Andronicus, quartetto nato nel 2005 nel New Jersey e guidato dalla barbuta irruenza di Patrick Stickles. Mi vengono subito in mente nomi come i Social Distortion, i Rancid, i Clash, gli Stiff Little Fingers (qualcuno se li ricorda?). Tutta gente che suona(va) il rock’n’roll con un approccio decisamente punk. Gente che anche quando ha/aveva delle belle melodie in gola le urla(va) anziché cantarle come farebbe un Bruce Springsteen o un Paul Westerberg: Springsteen e Replacements sono altre due figure che ricorrono spesso a proposito dei Titus Andronicus (che nome è?? Una tragedia di Shakespeare, nientemeno…).

Rispetto ai quattro precedenti album An Obelisk fa poco sentire l’influenza folk-punk alla Pogues che spesso venava i pezzi dei TA, a volte prolissi e pretenziosi sia nella struttura (qui alcuni episodi non superano i 2 minuti) sia nei testi (questa volta più diretti e meno “concept”).

An Obelisk brano per brano

L’iniziale Just Like Ringing A Bell (citazione di Johnny B. Goode di Chuck Berry) parte benissimo alla Social Distortion mettendo in guardia contro la scadente versione di rock’n’roll che ci viene proposta dal mondo di oggi.

Troubleman Unlimited, meno veloce e quasi Springsteeniana, ammette che “ero un bambino problematico e ora sono io il mio problema”.

 

“E’ colpa della società!” (Blame It On Society) è un assalto pop-punk alla Stiff Little Fingers.

Piacevolmente sorprendente il punk-blues di My Body And Me, sul difficile rapporto che si ha col proprio corpo (“Io e il mio corpo non andiamo molto d’accordo… Voglio abbandonarlo completamente: è il mio corpo, non sono io”).

Hey Ma invece è un rockaccione piuttosto banale e prolisso, con tanto di inserto di chitarre-cornamusa e lunga inutile parte strumentale.

Beneath The Boot è il mio pezzo preferito: 86 secondi di punk-rock come si deve senza fronzoli che urla “Non sono la persona che dovevo essere, ho visto cose che non avrei dovuto vedere, ho fatto cose che non avrei dovuto fare, dico che sono innocente ma non è vero” (viva la sincerità!).

Ottima anche On The Street, 66 secondi di punk-rock sul fatto che “c’è troppa polizia nella strada, picchiano impunemente senza ragione”, un misto fra Police Story dei Black Flag e Police On My Back dei Clash (materiale infiammabile).

“Stiamo girando in una centrifuga che ti fa solo venir voglia di vomitare”: Within The Gravitation è stadium-punk-rock prolisso e superfluo.

Molto meglio The Lion Inside (“Sono un animale, sono un esperimento, sono una bestia selvaggia, mi tengono con un guinzaglio che mi soffoca”), molto Replacements meets Springsteen, come si diceva prima.

La finale Tumult Around The World, col suo riffone strasentito alla John Cougar Mellencamp, avrebbe la pretesa di essere un inno guerrigliero, ma non ci riesce.

Titus Andronicus: un equilibrio difficile

Se i nomi delle band sopracitate vi fanno alzare il sopracciglio, provate a dare un ascolto a questo disco: a seconda dei pezzi ci saranno delusioni e sorrisi, perché i Titus Andronicus, a dispetto del nome, non sono mai abbastanza drammatici (per qualcuno), né abbastanza melodici (per altri), né abbastanza punk (per altri ancora). Forse è questa la loro tragedia.

Titus Andronicus - An Obelisk
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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1977 coi 45 giri di Clash e Sex Pistols. Primo concerto: Ramones, 1980. Nel 1983 inizia a fare musica e da allora ha suonato tutto lo scibile 'alternativo': anarcopunk, rock'n'roll, emo-pop, rock psichedelico. Ogni tanto pubblica album da solista one man band. Non si ritiene un critico musicale ma ha ascoltato e suonato talmente tanta musica che pensa di poter dire la sua, su Tomtomrock e su https://zaio.blogspot.com/.

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