Udde - The Familiar Stranger RecensionePNR - 2017

Udde – The Familiar Stranger.

Udde - The Familiar Stranger Recensione
PNR – 2017

The Familiar Stranger di Udde è un disco bello e anche ‘utile’.

Partiamo, prendendola un po’ alla lontana, dal secondo dei due aggettivi. Su questo sito l’autorevole John  Vignola ha commentato in un paio d’occasioni la rinascita creativa della scena musicale italiana ( v. qui e qui). I suoi interventi erano però relativi alla musica italiana cantata in italiano, a quei giovani artisti che stanno rinnovando il circuito “indie” nazionale usando la nostra lingua.

Udde conferma come in Italia esistano validi artisti ‘internazionali’

Il discorso cambia se proviamo a collocare l’Italia in un contesto internazionale dove la lingua del canto è, quasi sempre, l’inglese. Qui si sono da tempo conquistati spazio e autorevolezza islandesi (ultimo nome forte Ásgeir), belgi (i nostri beniamini Balthazar) e persino portoghesi (The Gift hanno di recente collaborato Brian Eno). Molto rada, per usare un eufemismo, è la presenza italiana. E’ un vero peccato perché i talenti esistono, come hanno dimostrato, le uscite discografiche recenti di SolkiStella Diana e Rev Rev Rev. Ora The Familiar Stranger inserisce la figura di Udde nell’affresco, ancora con molti spazi bianchi, di questa scena italiana-ma-europea. Ed è utile, come si diceva, a dimostrarne il valore.

Non solo synth pop anni ’80 in The Familiar Stranger…

Si diceva anche di un disco bello, ovvero la cosa che conta davvero. Dopo 10 anni con i Soyland Green e l’ep a proprio nome Fog, il musicista sassarese ha molto lavorato al primo album solista. Addirittura, pare abbia cestinato una prima stesura pressoché ultimata. Comunque siano andate le cose, resta la sostanza di un disco che di prima impressione si fa definire ( e nel comunicato stampa si definisce da solo) dark wave e synth pop. Un disco che fa pensare a David Bowie e ai Depeche Mode. In chiave inevitabilmente, e giustamente, più trattenuta.

…ma anche assonanze con nomi contemporanei

Ascolti successivi fanno emergere assonanze di altro tipo e e di altra – più recente – epoca. Ad esempio, l’uso quasi straniante delle tastiere elettroniche in One Heaven è affine agli ultimi Timber Timbre. Il sinfonismo malinconico di Gloomy Friday rimanda a un altro personaggio che, come Udde, ama registrare tutto da sé, C Duncan. A prescindere dai nomi citati, i veri elementi caratterizzanti sono la molta cura per il dettaglio e la molta umanità. Un labor limae che non gratta via i sentimenti. Ci fosse qualche cambio di passo in più, parleremmo di grande disco tout court, ma anche così il livello è notevole.

 

Se il canto ha un tono che si potrebbe descrivere come riservato, le melodie di The Familiar Stranger  comunicano ampiezza. La combinazione provoca interessanti, e insoliti, effetti. A chi scrive sono venuti in mente, ad esempio, il titolo di un pezzo di Battiato, Summer On A Solitary Beach. E, un attimo dopo, quello di un album dei Cure, Standing On A Beach. Magari l’ispirazione di Udde è tutt’altro che marina, tuttavia è bello immaginare Same Old Song o Summertown come colonne sonore dell’incontro su una spiaggia con il “familiar stranger”. Con qualcuno che ci è estraneo e familiare.

La miglior musica da film (interiore) possibile.

Udde - The Familiar Stranger
7,4 Voto Redattore
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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