Love You - A Tribute To Syd BarrettGonzo Multimedia - 2021

Un tributo internazionale, ma nato in Italia, a Syd Barrett.

Love You - A Tribute To Syd Barrett
Gonzo Multimedia – 2021

Nel nostro paese Syd Barrett è rimasto per lungo tempo un artista  semi-sconosciuto, nonostante abbia dato la spinta inziale e decisiva alla carriera di una delle band più famose ed amate di sempre. La prima edizione italiana di The Piper At The Gates Of Dawn, l’album di esordio dei Pink Floyd, del 1967, che vive quasi esclusivamente delle visioni ed intuizioni di Syd, risale al 1971 e si presenta inspiegabilmente con in  copertina una foto della formazione con David Gilmour, che campeggia in primo piano, barbuto e lungocrinito. Erano anni in cui la musica cambiava in fretta, immaginiamoci un giovane fan nostrano del pop progressivo che, già incantato dalla perfezione della suite orchestrale di Atom Heart Mother, acquista incuriosito il disco, quale può essere stata la sua reazione alle brevi e surreali canzoni del testamatta di Cambridge?

Eclissi e riscoperta di Syd Barrett

La sua figura è stata riscoperta e rivalutata soprattutto negli anni ’80, grazie al revival del rock psichedelico, ma la maggior parte dei cultori dei Pink Floyd continua a guardare principalmente ai concept album degli anni ’70, figli soprattutto dell’ambizione di Roger Waters, musicalmente molto diversi rispetto agli esordi, addirittura inconciliabili con la spontaneità naif del Barrett solista. La mia opinione è che, se anche non fosse andato incontro ai ben noti problemi di salute mentale, Syd sarebbe giunto comunque ad una divergenza insanabile con Waters. Non ne condivideva smanie di grandezza e popolarità ed era semplicemente interessato ad esprimere liberamente la sua straordinaria vena artistica, al gesto creativo puro e semplice. Ricordiamo ad esempio che il Barrett pittore non fece mai un quadro su commissione e spesso distruggeva i suoi dipinti dopo averli terminati.

 

Questa commistione unica di genio e sregolatezza, che lo rende spesso paradossalmente sgradito ad alcuni fan dei Floyd, gli ha però permesso di essere una fonte d’ispirazione “trasversale”, ossia di aver influenzato musicisti dediti agli stili più svariati e distanti fra loro. E’ quanto emerge chiaramente da Love You. A Tribute to Syd Barrett, a lunga ed eclettica compilation-tributo, pubblicata dalla label inglese Gonzo Multimedia. Ma prima di addentrarci ad esaminarla vediamo chi sono i due curatori.

I curatori/creatori di Love You

Dario Antonetti è un veterano della scena musicale indipendente, oggi attivo insieme alla compagna Giulia Fumagalli nel duo folk psichedelico La Forma Delle Nuvole. Tra i suoi trascorsi non si può non menzionare, oltre ai due album da solista, la lunga militanza nei Kryptasthesie, band che dal vivo era capace di lunghe, imprevedibili ed entusiasmanti improvvisazioni. Dario ammira Barrett in maniera così ossessiva da aver curato in passato, insieme all’amico Max Dolcini, il folle Vegetable Man Project che prevedeva la pubblicazione di 1000 versioni della canzone Vegetable Man, suddivise in 50 cd (ne uscirono 6 con 113 versioni, più una surreale suite composta da 60 versioni di 10 secondi l’una, pubblicata su un vinile 10 pollici).

Nino Gatti fa parte dei The Lunatics, un collettivo di collezionisti e fanatici pinkfloydiani, responsabili di diverse pubblicazioni ed eventi estremamente curati e dettagliati [Tomtomrock li ha intervistati qualche anno fa, ndr]. Nino si è occupato in particolare di Barrett col volume Syd Barrett – Alle Porte dell’Alba (edizioni Clichy, 2016)

 

Il cofanetto ha un’elegante custodia delle dimensioni di un DVD, la veste grafica molto raffinata è curata da Matteo Regattin, che aveva già omaggiato Syd facendone il protagonista del graphic novel Jugband Blues, disegnato in un bianco e nero umbratile quanto un vecchio film espressionista ed equamente diviso fra biografia ed un simbolismo allucinato, poetico e malinconico. All’interno, oltre ai due CD, un corposo booklet con in copertina una tartaruga (il riferimento è ovviamente al brano Terrapin) disegnata da Ian Barrett, il nipote di Syd, pittore ed artista a sua volta (pare che costruisca gioielli con le rocce delle meteoriti).

Il lavoro è stato assemblato, oltre che con estrema cura, con evidente affetto, dichiaratamente espresso dai due curatori nella nota introduttiva, non è un caso che, fra i vari titoli disponibili, sia stato scelto Love You. Io, da ammiratore di Barrett, ogni volta che mi imbatto in un tributo a lui dedicato provo una rassicurante sensazione di famigliarità, l’impressione di sentirmi a casa.

In questo caso il piacere è acuito anche dalla qualità media davvero buona delle canzoni, malgrado l’assenza di nomi molto noti (con l’eccezione forse di Dave Harris, noto ai fan dei Floyd per aver collaborato con Rick Wright); dunque una dimostrazione di come  il culto di Barrett sia più che mai vivo anche a livello underground. Oltre all’intero repertorio da solista di Syd ci sono Astronomy Domine e Vegetable Man, a simboleggiare l’inizio e la fine della sua permanenza nei Pink Floyd.

Il range stilistico di queste due ore e mezza abbondanti di musica è molto vario – tutti gli artisti hanno evitato il confronto diretto con le versioni originali, optando per un approccio personalizzato. Ciascuno di loro ha uno spazio nel booklet per presentarsi. La quota italiana del lotto è ovviamente prevalente, ma non mancano nomi da Messico, Francia, Irlanda, Gran Bretagna, Stati Uniti, Svezia, Giappone, Belgio, Germania, Olanda.

Mi limito a descrivere quelli che considero gli highlights, consapevole di fare un torto agli altri, dal momento che sono tutti meritevoli.

I momenti più belli di Love You

Il musicista elettronico romano Eugene cala Love You negli anni ’80 e la trasforma in un synthpop danzabile e piacevolissimo.

Davvero suggestiva la rilettura di Word Song ad opera dei post-rockers lombardi Quarto Stato Della Materia, a partire da una minimale filastrocca dadaista forgiano un post-punk epico e malinconico che richiama i Joy Division di Closer.

Max Zarucchi ambisce al titolo del più eccentrico di tutti, con una versione industrial di Here I Go che è un vero assalto sonoro.

La Octopus del duo pescarese Sherpa parte come una ballata lo-fi e cresce fino a diventare un avvolgente dream-pop.

 

Gli In The Labyrinth dello svedese Peter Lindhal si confermano degli abilissimi alchimisti sonori e trasformano Golden Hair in un lungo e sontuoso raga-rock.

Su Feel degli His Majesty The Baby, la voce di Luca Ferrari, giornalista musicale autore di diverse pubblicazioni su Barrett, intona il testo, che è un sofferto flusso di coscienza, sulle divagazioni pianistiche in stile free jazz di Francesco Paladino, alle quali si aggiungono le note di un trombone, con effetto davvero straniante e claustrofobico.

Con If it’s in You di Henrietta and the Fives, che vedono una reunion estemporanea dei già citati Kryptasthesie, con l’aggiunta della voce di Giulia de La Forma delle Nuvole, si torna a respirare aroma di India e di raga.

Grazie ai giapponesi Hibushibire, Swan Lee diventa un garage punk acidissimo ed alieno, scosso dalle note deliranti e malate di una chitarra distorta, che ricorda i leggendari Chrome.

Let’s Split di Michele Gentile, It Is Obvious degli Stereokimono e Milky Way degli svedesi Men on the Border, sono energici power-pop con venature lisergiche.

I texani ST37 sono uno dei nomi più prestigiosi del lotto, autori da oltre tre decenni di una psichedelia sperimentale e rumoristica, la loro Baby Lemonade aggiunge all’originale una buona dose di elettricità garage  e culmina in un crescendo caotico e distorto, all’altezza della loro reputazione di terroristi sonici.

Love Song de La Forma delle Nuvole è una ballata acustica dolce e serenamente bucolica, vive dell’efficace connubio delle voci di Dario e Giulia, con un gracidar di rane in sottofondo e l’inserto di un “toy piano” molto barrettiano.

Dominoes dei tedeschi Sula Bassana è una danza spettrale, il ritmo è un lento trip hop, i suoni fluttuano e riverberano in uno spazio privo di gravità.

 

Rats e Maisie ricevono rispettivamente dai Phosphene (sigla dietro alla quale si cela John Cavanagh, autore di un libro sul “making of” del primo album dei Pink Floyd) e dai belgi Thee Unforeseen un simile trattamento: voce cupa e minacciosa, tappeto sonoro rumoroso ed ipnotico, più elettronico il primo, più punk/noise i secondi.

Keeper of Atlantis è il nuovo progetto di Ramon Medina, veterano della scena underground texana, che applica a Wolfpack uno stordente barrage sonico a base di chitarroni distorti e suoni elettronici (siamo dalle parti degli Spacemen 3, per capirci).

Birdie Hop, degli olandesi Trespassers W, ha un pulsare incalzante come un brano dei Suicide, la voce è stentorea ed ubriaca, accordi di slide guitar si incrociano con altri suoni sbilenchi.

Lanky part 1 e Rhamadan sono brani strumentali che ben si prestano a diventare trampolino di lancio per jam session acide, Vi si cimentano con successo Alfredo Longo con Seba Pavia e i Morning Scales The Mountain, di nuovo dal Texas, in due lunghe, intriganti e selvatiche improvvisazioni.

Mi rendo conto che, anche a volermi limitare ai pezzi che più mi sono piaciuti, ho rischiato di menzionarli quasi tutti. Attraverso questo caleidoscopio di generi musicali coi quali viene riletto, il canzoniere di Barrett conferma in pieno la sua bellezza ed immortalità. Tuttavia non posso non cogliere il paradosso di questi omaggi che noi tributiamo a Syd. Quella che noi rievochiamo e rimpiangiamo è una stagione della sua vita che lui ha voluto rinnegare e dimenticare, poiché è coincisa in parte con un periodo di grave smarrimento e sofferenza. Ma sono sicuro che, forte dell’ironia che lo ha accompagnato anche nei momenti più difficili, sorriderebbe di noi e dei nostri tentativi, forse vani, di rincorrerlo, di definirlo e di carpirne l’enigma…

 

Various Artists - Love You. A Tribute to Syd Barrett
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Nasce a Savona nel 1966 e per il momento ancora vive. Ascolta musica voracemente e ne scrive a tempo perso. Ad una certa età pensa di sentirsi troppo vecchio per continuare a comprare dischi, ma rinsavisce in fretta e torna sulla retta via. Lavora come infermiere in terapia intensiva e durante la pandemia la musica lo aiuta a pensare a qualcosa che non sia il Covid-19.

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