march of the flower children

March Of The Flower Children: i dati

Tre cd per 85 pezzi e tre ore e 58 minuti di musica. La selezione è organizzata cronologicamente in base alla data di pubblicazione, dunque da gennaio a dicembre 1967. Compilazione e note sono a cura dell’inglese David Wells, l’etichetta è la specializzata in cofanetti tematici Grapefruit, sussidiaria della Cherry Red, anch’essa inglese. La stragrande maggioranza dei pezzi proviene da uscite a 45 giri. I protagonisti sono pressoché tutti maschi (ma ad avere successivamente il maggior successo commerciale sarà la quasi unica donna presente – Linda Ronstadt) e al 98% caucasici (fanno eccezione i Chambers Brothers e metà dei Love).

I figli dei fiori e l’America del 1967

March Of The Flower Children si può ascoltare in due modi. Il primo è razionale, con lettura delle note di ogni canzone e studio di nomi,  suoni e attitudini. Il secondo è un flusso di coscienza uditiva che potrebbe farci immaginare di entrare in una grande fioreria frequentata da giovinetti e giovinette con un’incredibile scelta di forme e colori. Quella che vi proponiamo è una fusione fra le due possibilità.

Come detto, il materiale è strutturato per data di uscita da gennaio a dicembre, dunque attraversa la Summer Of Love, il festival di Monterey e uscite discografiche fondamentali come Il Sergente Pepe dei Beatles e le opere prime di Pink Floyd e Jimi Hendrix Experience. Si viaggia fra clean-cut kids ancora con caschetto beatlesiano e hippies già parecchio lungocriniti, ma non mancano creature dall’aspetto meno riconoscibile e anche meno rassicurante, tipo Kim Fowley o Sky Saxon. Socio-geograficamente c’è l’America provinciale e un po’ cupa dove il garage rock è ancora un modo di essere e c’è la California soleggiata che prova nuove idee e nuove droghe.

Cosa ancor più importante, ci sono nomi noti già al momento (Byrds, Buffalo Springfield) o di lì a poco (i Grateful Dead) per poi passare a celebrità di settore (Love,  Iron Butterfly) e arrivare infine al folto gruppo di perfetti sconosciuti. Riguardo a questi ultimi si può dire che se molti avevano ragione di restare tali, alcuni (ad esempio Raggamuffins, The Sound Barrier,  Spike Drivers) avrebbe meritato miglior fortuna. E viene voglia di cercare qualcosa degli appena più noti The Free Design (amati da Carpenters e Stereolab, dicono le note).

Non mancano i riciclati e riciclandi, ovvero le star di pop, surf e bubblegum  che provano a rilanciarsi sfruttando la nuova e strana era; parliamo di Tommy Roe , Tokens, Jan & Dean e persino Everly Brothers. Più interessante di tutti  Sonny – già senza Cher – che, da bravo zio conservatore, mette in guardia i ragazzi e soprattutto le ragazze a proposito dei rischi di costumi troppo liberali. Forse i migliori del lotto sono quelli che scelgono una dimensione autoriale meno legata all’epoca vale a dire Beau Brummels, Tim Buckley e Harry Nilsson.

March Of The Flower Children: un’impressione complessiva

Considerato tutto questo, si può percepire come idea generale del cofanetto una sorta di andirivieni, a volte nello stesso pezzo, fra pop e sperimentazione, tra garage e prima psichedelia e anche altre cose. L’idea base è quella di complicare i suoni, renderli meno lineari e meno mainstream. Una riaffermazione di diversità rispetto alla generazione precedente. Minoritario il folk-rock che solo l’anno prima andava fortissimo  e pressoché assente la canzone politica che resta proprietà esclusiva dei folksingers.

Questi American Sounds ci restituiscono un 1967 più magmatico e meno consolidato rispetto all’idea di anno della prima maturità del rock che ce ne siamo fatto a posteriori. Specie nei nomi minori la sensazione è di essere più vicini all’ingenuo 1966 che al consapevole e compiaciuto 1968. Ancora forte è l’idea di singolo rispetto all’album che, anche qui soprattutto per gli sconosciuti, era lo strumento principale per tentare la scalata alla notorietà di livello superiore.

Gli infiltrati cattivi e gli assenti

In mezzo ai portatori di vibrazioni sorridenti, positive, solari, si aggirano infiltrati che provano a seminare incertezza, dubbi, e anche un certo astio verso gli hippies e i figli dei fiori:   Frank Zappa, Captain Beefheart, e Velvet Underground. Anche la title-track dei Seeds suona piuttosto sinistra e lo stesso vale per la fantascientifica Astrologically Incompatible  della Bonniwell Music Machine che attacca così: “Electric chemicals are filling the air”. Non troppo sorridente neppure la copertina, in verità, con la futura GTOs Miss Mercy e due amici.

Come sempre capita in questo tipo di operazioni non si capisce il perché di certi inserimenti (i Tokens) e di certe assenze anche clamorose (i Jefferson Airplane, Country Joe giusto per un tocco politicizzato, l’immigrato di lusso Eric Burdon), tuttavia l’insieme risulta sempre vario e divertente e restituisce l’istantanea di un momento di speranza, apertura e disponibilità al nuovo. Di lì a poco tutto o quasi sarebbe andato a rotoli, però per queste quasi quattro ore possiamo fare finta di non saperlo.

March Of The Flower Children: The American Sounds Of 1967
https://youtu.be/BhPA7MssPsEhttps://youtu.be/BhPA7MssPsE Voto Redattore
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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