Anche il 2022 ha il suo break-up album: Ha Ha Heartbreak di Warhaus/ Maarten Devoldere
I break-up albums sono, come dice il nome, dischi nati durante e/o dopo la fine di una relazione sentimentale. Sono considerati un vero e proprio sottogenere che si arricchisce costantemente di nuovi ingressi, anche se le voci più note e di successo (termine paradossale per vicende sempre e comunque dolorose ) restano Rumours dei Fleetwood Mac e Jagged Little Pill di Alanis Morrissette. Esistono break-up album straziati (la maggior parte e ci permettiamo di consigliare il bellissimo Paris di Saez), rancorosi (il più celebre Here, My Dear di Marvin Gaye) e auto-terapeutici. In quest’ultima categoria potrebbe rientrare Ha Ha Heartbreak, (PIAS)da poco pubblicato da Warhaus / Maarten Devoldere, musicista belga noto soprattutto per i dischi con i Balthazar.
Warhaus – Ha Ha Heartbreak nasce a Palermo
Nel suo album post-separazione Devoldere ha inserito un elemento piuttosto classico – anche in ambito letterario – che potremmo descrivere come “viaggio per (provare a) dimenticare”. Un amico gli ha suggerito come meta Palermo, lui ha seguito il consiglio e, giunto a destinazione, ha usato la camera d’albergo per pensare, comporre, registrare le canzoni che, dopo un elegante lavoro di post-produzione, sono finite su Ha Ha Heartbreak.
Considerando il tema trattato ci si poteva attendere che il Nostro si ispirasse a uno dei suoi riconosciuti numi tutelari, Leonard Cohen, come accaduto per l’opera prima come Warhaus, We Fucked A Flame Into Being. Invece il tessuto sonoro è stato finalizzato in forma di stoffe più leggere e francesi; quindi non solo l’altro termine di riferimento già noto, Serge Gainsbourg, ma anche gli Air e Benjamin Biolay. E ci si potrebbero aggiungere pure il Jarvis Cocker cinematografico di Chansons d’Ennui e (si ascolti di When I Am With You) il già citato Marvin Gaye nella sua versione sexy-dolente.
Un disco non troppo sofferente
Ha Ha Heartbreak è un lavoro che si muove con dialettica sapienza fra inevitabile malinconia verbale e chiaroscuri sonici, dove il chiaro alla prevale sullo scuro (salvo nella finale Best I Ever Had) e dove il crooning malinconico (con piccoli sussulti di fastidio, vedi I’ll Miss Vou Baby) della voce si adagia su piano, chitarre acustiche, archi ‘avvolgenti’ e cori evocativi.
Insomma, la terapia artistica si è avviata subito piuttosto bene e se ne possono rallegrare anche gli ascoltatori che non si trovano di fronte al temuto psicodramma. Ma il più contento di tutti pare essere proprio il bel Maarten, presto guarito dalla malinconia e di nuovo fidanzato.
P.S.: Open Window videoclip dell’anno?
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