Weyes Blood – Front Row Seat To Earth
Nell’analisi del 2016 discografico di recente proposta da Tomtomrock poco spazio si ritaglia la la canzone d’autore. Anche perché due dei suoi maggiori esponenti ne hanno offerto una versione decisamente liminale: Bon Iver con le distorsioni e i sussulti elettronici di 22, A Million e Conor Oberst, all’estremo opposto, con la nuda sofferenza di Ruminations. Altre cose interessanti, ma che non sono finite nei nostri Top Tom, le hanno dette la nervosa e chiaroscurale Angel Olsen, la “dadaista con sentimento” Cate Le Bon e il più introverso Kevin Morby.
Weyes Blood: anche la canzone d’autore può essere epica
Naturalmente il discorso è ben lungi dall’essere esaustivo, e infatti stava per essere dimenticata un’uscita importante come Front Row Seat To Earth di Natalie Mering, in arte Weyes Blood. Interessante esempio di nomade moderna che può adattarsi sia alle solitudini del New Mexico che alle moltitudini (magari molto sole) di New York, Mering è allo stesso modo passata dal minimalismo a tratti sperimentale delle prime uscite a un suono spazioso, strutturato, persino epico. Le orchestrazioni ampie e i fiati riportano a un certo elegante pop fra anni ’60 e ’70 (Do You Need My Love), mentre in altri casi (Generation Why) occhieggia il folk-rock dello stesso periodo.
Di contemporaneo ci sono invece i testi, ricchi di dubbi e ansie, anche se con qualche pepita luccicante di speranza.
Molta accuratezza, ma anche sostanza
C’è molto lavoro sui suoni e sui timbri dunque. Per fortuna non si tratta solo di glassatura del nulla (magari carino), perché le canzoni sono ben strutturate e intense e la voce è un soprano duttile e ricco di chiaroscuri. Magari c’è un po’ di autocompiacimento, però il disco è bello e anche coinvolgente e nei Top Tom 50 poteva tranquillamente stare. Al prossimo disco di Weyes Blood saremo più attenti.
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