xylouris white - the forest in me

The Forest In Me: nasce nell’isolamento il nuovo lavoro del duo Xylouris White

Compie dieci Xylouris White, il progetto del duo composto dal cretese Georgos Xylouris, suonatore di liuto greco,  e dal batterista australiano Jim White, già nei Dirty Three. A a produrre ancora una volta Guy Picciotto dei Fugazi, da considerarsi un vero e proprio membro aggiunto visto il ruolo fondamentale che svolge nei dischi del duo e che in questa occasione è anche coautore di tre brani. Come spesso avviene di questi tempi anche The Forest in Me (Drag City) è stato molto influenzato dalla pandemia: mentre i lavori precedenti nascevano da lunghe session registrate in una stanza per ricavarne la musica da inserire poi nei dischi, stavolta i nostri  sono stati obbligati dalle circostanze a lavorare a distanza, ognuno in completo isolamento.

La sorprendente brevità di molti brani di The Forest InMe

Sarà per questo motivo che il disco non supera i trenta minuti e soprattutto contiene ben cinque brani sotto i due minuti di durata e soltanto uno che supera i cinque minuti? Effettivamente è cosa alquanto insolita per un lavoro strumentale contenere canzoni così brevi; non era stato così nei loro dischi precedenti e nemmeno nei loro set dal vivo. Strano, perché se prendiamo l’iniziale Second Sister si ha proprio la sensazione di essere piantati in asso proprio quando stavamo per essere catturati dall’arpeggio di Xylouris. Allo stesso modo la successiva Latin White interrompe dopo poco più di un minuto la sua affascinante progressione armonica. Ma ovviamente si tratta di una scelta voluta e ponderata: ridurre le canzoni all’essenziale, evitando ciò che è stato giudicato superfluo.

Xylouris White e la creatività nell’isolamento

Del resto il modo di lavorare ha influito molto sul disco e sulle sue atmosfere, come ha ben spiegato Xylouris: “Nell’isolamento ho trovato altre rughe/pieghe nel mio essere interiore. Quindi ogni nota, ogni frase, ogni strumento proveniva da dentro e intorno alle nostre foreste interiori.” E non c’è dubbio che la musica di The Forest in Me abbia una sua forte impronta e sappia comunicare un ampio ventaglio di emozioni malgrado o magari forse per effetto della sua intensa brevità. Ogni traccia è comunque un distillato di emozioni come Seeing the Everyday che con i suoni spezzati, frammentati del liuto, qui lontano dalla musica tradizionale cretese, evoca sensazioni di smarrimento e solitudine oppure la desolata mestizia di Missing Heart.

Musica sperimentale, difficile da definire che combina elementi post rock, sadcore, etnica, jazz, ambient in una proposta certamente originale e di indubbia forza comunicativa. Fra le altre tracce Night Club evoca col violino nostalgia e scenari nordafricani, Tails of Time attinge al folk mediterraneo, la title track è enigmatica e rarefatta, Red Wine è post rock slowcore, ma anche il brano più melodico e più immediatamente godibile, Memories and Souvenirs è la traccia più lunga, oltre cinque minuti, e si snoda nervosa fra improvvisazioni free jazz, suoni evocativi che ricordano i fiati di Jaujouka, strimpellamenti inquieti e lampi lisergici.

The Forest in Me è complesso, a tratti astruso e di difficile decifrazione, richiede ascolti molteplici e attenti per coglierne appieno il senso. Certo, è tipica opera da lockdown sia per il modo in cui è stata realizzata sia per le atmosfere di rarefatta solitudine, di inquietudine e perfino di claustrofobia che vi si respirano.

Xylouris White – The Forest In Me
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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