Il pop psichedelico dei Sunflower Bean esplode in Human Ceremony
Curioso inizio, quello di Human Ceremony degli esordienti Sunflower Bean, quando la title track si apre con un un suono di tastiere e chitarre liquide tutto Pink Foyd anni ’70 e poi arriva la voce pop giovanile della cantante-bassista Julia Cumming, che qui, come in buona parte del disco, si alterna a quella maschile di Nick Kivlen (che suona anche la chitarra).
L’esordio dei Sunflower Bean
Il trio, che si completa con Jacob Faber, sulla copertina del disco ha una buffa aria che non può che richiamare molti personaggi del passato, da Bob Dylan a Blondie. E anche la musica fa lo stesso, visto che la successiva Come On è garage rock immediato mentre la terza, 2013, perfetto indie pop anni ’90, con il botta e risposta dei due cantanti.
Human Ceremony convince
Arrivano da New York e sono giovanissimi ma potrebbero provenire da molti altri luoghi e tempi: insomma la cifra del disco è proprio questo rimescolamento, che può piacere come no, ma a quanto pare il loro Human Ceremony sta piacendo parecchio. Complice il fatto che le undici canzoni sono tutte buone ma nemmeno troppo immediate e qualche ascolto dopo il primo aiuta a inquadrarli meglio. E quando si è fatta l’abitudine non si può che trovare deliziosa I Was Home, con le voci dei due che si intrecciano su chitarre fuzz, e il riff killer del singolo Wall Watcher, forse la canzone dalla presa più immediata.
7,5/10