Vashti-Bunyan-Heartleap

 Vashti-Bunyan-Heartleap

di Antonio Vivaldi

Per quanto entrambi i dischi raffigurino in copertina animali veloci, nove  anni sono passati fra Heartleap e il precedente Lookaftering; un intervallo enorme per qualunque musicista, ma non per Vashti Bunyan, rimasta in silenzio 35 anni dopo la pubblicazione dell’opera prima Just Another Diamond Day (e dopo essersi dimenticata di se stessa come musicista, salvo riscoprirsi ammirata da giovani leoni folk, e non, di inizio 2000 come Devendra Banhart, Joanna Newsom e Animal Collective). In tutto questo tempo  il suo stile non è molto cambiato; anzi, se si considerano i demo datati 1964 (pubblicati su Some Things Just Stick In Your Mind), si può dire che da 50 anni la nostra crea acquarelli sonori deliziosi, delicati e intensi senza averne l’aria. La veste sonora può essere il sixties-pop  dei primi singoli (prodotti da Andrew Loog Oldham, quello degli Stones), il freak folk ante-litteram di  Just Another Diamond Day, la   pastoralità classicheggiante di Lookaftering, ma alla fine è il tono sommesso e suadente delle melodie e della voce (dal timbro rimasto pressoché invariato nel tempo) a lasciare un segno, piccolo ma duraturo, a prescindere dalle variazioni di contesto. Heartleap propone un ulteriore, lieve spostamento dal  consolidato canone. Si tratto di un disco, se possibile, più meditativo dei precedenti, trasognato eppure ben strutturato nella sua trasognatezza. Ormai quasi settantenne, l’artista (che per la pima volta si produce da sola)  parte come di consueto da un contesto bucolico e lo popola a poco a poco di ricordi, meditazioni non banali su fascino della solitudine, figure amiche che dicono cose sagge: “Non stare a  preoccuparti per me; sono triste per quanto voglio esserlo”. Non è un disco di cui si ricordino le canzoni, quanto piuttosto frasi, refoli melodici che arrivano da chissà dove, brevi guizzi strumentali. Si può dire che è il lavoro meno folk di Bunyan, potremmo descriverlo come ‘ambient autoriale’ e paragonarlo, giusto per dare qualche coordinata, a David Sylvian, Kate Bush, Virginia Astley e addirittura ai These New Puritans ultima maniera. Vashti Bunyan ha annunciato che questo è il suo commiato dalla musica (eppure l’ultima canzone, l’eponima Heartleap, finisce in un modo strano, come volesse lasciare le cose in sospeso); e se così fosse si tratterebbe di un addio grande e sottotraccia, dunque unico.

8/10

N.B. Mai come in questo caso il voto è legato a fattori contingenti quali l’orario d’ascolto, l’umore dell’ascoltatore, le condizioni meteorologiche circostanti. Nella situazione sbagliata, si rischia di percepire soprattutto una blanda uniformità di tono che genera un:

6/10 

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Vashti Bunyan – Heartleap / The Skinny Sessions

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