Io, Noi, Gaber di Riccardo Milani

Un documentario di Riccardo Milani dedicato a Giorgio Gaber: Io, Noi e Gaber.

Non da molto abbiamo parlato qui di Enzo JannacciVengo Anch’io,  il bel documentario sul cantautore milanese. Tocca adesso al suo amico e collega (ricordate i Ja-Ga Brothers?)  dalla storia un poco più complessa, Giorgio Gaber. Partito dalla televisione popolare, quella in cui si potevano invitare Mina e Celentano, il Signor G. si è inventato showman, presentatore e persino talent-scout, fino a diventare un eccezionale  commentatore politico-esistenziale con il  teatro-canzone. In Io, Noi e Gaber, del regista Riccardo Milani (Benvenuto Presidente, Bravi Ragazzi) il primo aspetto ricorre all’inizio del documentario, dove, con la distanza dei cinquant’anni, il confronto con la tv ‘’multipla’’ di ora risulta impietoso. Gaber ha fatto del piccolo schermo  un uso mirato, facendo conoscere la sua faccia sghemba  e il suo corpo elastico, per poi preparare,  poco a poco, il suo magistrale cambio di scenario.

La strada dell’impegno

Da lì, dopo il barbera e lo champagne, il Trani a go-go e tanti altri successi, Gaber ha preso la strada dell’impegno, una strada che lo ha portato a snidare tutte le contraddizioni di un’Italia da sempre confusa, sferzata dalle ideologie, dalle stragi, spaccata tra il personale e il politico. Molti intensi momenti del lungo percorso teatrale sono svelati, con selezionati materiali d’archivio, coprendo sia il periodo ‘’movimentista’’ che la sua ultima fase, quella più aspra e polemica.

Non tutti i testimoni di Io, Noi e Gaber sono alla medesima altezza

Tutto viene raccontato con cura, grazie a testimoni eccellenti: i familiari come la figlia Dalia e il nipote Lorenzo; i collaboratori, su tutti l’ultranovantenne, ma lucidissimo, Sandro Luporini, l’artista visuale toscano che fu complice nella scrittura dei brani teatrali di Giorgio Gaber. Portano il loro contributo anche altre figure, più o meno necessarie. Tra di esse emergono le parole caute e ragionate di Pierluigi Bersani, il fervore politico di Mario Capanna e le analisi di colleghi come Ivano Fossati e Ricky Gianco. Fuori luogo e inutili i contributi di Mogol e Jovanotti, l’uno e l’altro lontani mille miglia dall’offrire una lettura corretta del personaggio. Più sincere le parole di altri come Gianni Morandi, Gino e Michele e Vincenzo Mollica. A vent’anni dalla morte, la figura di Gaber rimane unica e tutto sommato difficile da riassumere, ma questo è un buon punto di partenza.

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Recensore di periferia. Istigato da un juke-box nel bar di famiglia, si cala nel mondo della musica a peso morto. Ma decide di scriverne  solo da grande, convinto da metaforici e amichevoli calci nel culo.

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