Shane Mac Gowan

Un ricordo di Shane MacGowan, grande e tormentato genio irlandese.

Anche guardando le sue immagini giovanili – l’epoca in cui faceva il punk con i Nipple Erectors – si percepiva in Shane MacGowan qualcosa di antico, una specie di vissuto plurigenerazionale. C’erano in lui i segni dell’Irlanda di metà ‘800, della Grande Carestia che, fra morti per fame ed emigrazione oltreoceano, dimezzò la popolazione dell’isola. E poi le lotte per l’indipendenza, la guerra civile, l’arretratezza economica, i troubles dell’Ulster appena oltreconfine, le vite stentate degli emigranti in Inghilterra, la pervasività della religione cattolica. Sullo sfondo sempre tanto, sovente troppo, alcool. Ma c’era anche la musica, quella musica pervasiva che sembra non conoscere mezze misure: può essere scatenata nei suoi balli, oppure straziante nella sua malinconia melodica, caciarona nella versione dei Dubliners oppure raffinata in quella dei Chieftains.  Ecco. in Shane MacGowan uomo e artista c’era tutto questo compendio di tragedia e bellezza (la “terribile bellezza” di Yeats?). E anche qui dovremmo utilizzare il termine ‘troppo’, troppo per una persona sola.

Shane MacGowan e i Pogues

Già agli esordi con i Pogues, il gruppo da lui formato nei primi anni ’80, vedendolo dal vivo pensavi subito a una figura tanto autodistruttiva quanto vitale. E, per fortuna e purtroppo, del tutto autentica. Lui era sdentato, ubriaco, debordante e tu, da sotto il palco, ti chiedevi “ma quanto potrà durare?” Era la stessa domanda che nello stesso periodo ci si faceva a proposito di Nick Cave, con cui Shane inciderà tempo dopo una cover di What A Wonderful World (amara ironia?). Se parliamo del MacGowan artista, possiamo dire che il suo astro brillò di improbabile luce color verde Irlanda dal 1984 fin verso il 1988. È il periodo di album come Red Roses For Me; Rum, Sodomy & The Lash; If I Should Fall From Grace With God e di canzoni come Boys From The County Hell, Kitty, A Pair Of Brown Eyes, Sally Maclennane, Fiesta, A Rainy Night in Soho (e una di cui diremo più avanti).

Shane e i Pogues mischiavano folk ancestrale e punk generazionale come fosse la cosa più ovvia del mondo e non una ben congegnata alchimia sonica; erano nati per fare quello, Shane più di tutti gli altri, ovviamente. E di lui non vanno dimenticati testi in grado di  essere tanto realisti quanto visionari:  “Tra sangue e morte, sotto un cielo urlante/ Ero steso a terra/ Braccia e gambe di altri uomini/ Sparse tutto intorno/ Qualcuno bestemmiava, qualcuno pregava, qualcuno pregava e poi bestemmiava/ Poi pregava e sanguinava ancora un po’/ E la sola cosa che riuscivo a distinguere/ era un paio di occhi castani che mi guardavano” (A Pair Of Brown Eyes).

Una spirale distruttiva

Ha detto Steve Lillywhite, produttore di If I Should Fall…: “Ho avuto con me i Pogues quando erano davvero esplosivi e prima che entrasse in scena troppa follia”. E sì, verso fine anni ’80 è entrata in scena troppa follia, troppe sostanze cattive. E ancora di più ti chiedevi quanto sarebbe durato Shane MacGowan, inaffidabile al punto da essere cacciato dal suo gruppo, con la voce sfibrata, le parole biascicate e le canzoni sempre più di maniera incise con la nuova band, i Popes. Oggi la triste domanda ha una risposta, anticipata pochi giorni fa dalle foto terribili di un uomo consumato dall’encefalite virale: Shane non ce l’ha fatta a festeggiare, il 25 dicembre, il suo sessantaseiesimo compleanno. Una ricorrenza doppiamente significativa perché proprio il giorno di Natale gli aveva ispirato la sua canzone più celebre, Fairytale Of New York, devastante resa dei conti fra due disgraziati (interpretati da lui e da Kirsty MacColl) con in sottofondo la felicità degli altri.

Già, la felicità degli altri. MacGowan felicità ne ha regalata tanta a chi lo ha ascoltato. E magari, chissà, in qualche strano modo pure lui si considerava un uomo felice e il mondo gli pareva, sempre in qualche strano modo, proprio come in quel duetto con Nick Cave.

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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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