I Black Lips ripuliscono il suono con l’aiuto di metà Black Keys
Autori di un garage punk simpatico e senza troppe pretese, scatenati soprattutto sul palco, peraltro nello spirito del genere interpretato, i Black Lips sembravano aver trovato con Arabia Mountain la consacrazione, dovuta soprattutto alla produzione assai ben centrata del poliedrico Mark Ronson. Il connubio non è proseguito e con Underneath The Rainbow, co-prodotto da Patrick Carney dei Black Keys, i Black Lips approdano a un disco di transizione che rischia di scontentare tutti: i fans della band degli esordi vi troveranno un suono troppo pulito, quelli di Arabia Mountain ne rimpiangeranno la compattezza e l’esplosività.
Un disco che parte in troppe direzioni
In Underneath The Rainbow, i Black Lips provano a espandere l’ispirazione verso un suono a tratti country, a tratti roots, a tratti psichedelico, a tratti Stones anni ’60, ma non sempre con risultati felici. Il punto è che la band non ha mai disposto di una vena compositiva eccelsa, e le troppe digressioni infiacchiscono invece di divertire; al punto che nel singolo Boys In The Wood una canzone ch’è solo un cliché viene risollevata dal video a tinte forti (youtube lo riserva solo ai maggiorenni). Certo i momenti simpatici (Funny, nomen omen, su tutti) ci sono, ma per il futuro i Black Lips dovrebbero ponderare meglio la direzione da prendere.
6/10