Torna Anderson. Paak, uno fra i musicisti più versatili di questi ultimi anni.
Il talentuoso cantante/rapper/compositore/batterista californiano torna dopo il brillante Malibu con questo Oxnard. Non che sia mani andato via davvero, perché fra tour e collaborazioni Anderson .Paak è stato una presenza costante di questi ultimi anni, intento a consolidare la sua fama di soul e funky man. Oxnard va nella stessa direzione, con alti e bassi che tuttavia non minano quanto di buono visto sinora.
Oxnard: un disco con molti ospiti
Oxnard allinea quattordici canzoni e un sacco di ospiti di peso. Ci sono Kendrick Lamar, Pusha-T, Q-Tip, J. Cole, Snoop Dogg, Dr. Dre, tanto per ricordare i più noti. Al pari di Malibu, Anderson .Paak mette insieme composizioni dense di ritmo e calde: non è difficile immaginare la sua California (ascoltare Anywhere). Qualche tocco psichedelico (Saviers Road), più presente agli esordi, non fa difetto. I brani più riusciti sono quelli in cui la vena funky viene fuori al meglio. È il caso della bellissima Tints con Kendrick Lamar, giustamente scelta per lanciare il disco.
6 Summers, con diversi riferimenti all’attuale presidente USA, è anche ben riuscita – divisa in due parti entrambe buone. Per duettare con Pusha-T, Anderson. Paak elabora un ottimo brano soul, Brother’s Keeper.
Non tutto in Oxnard convince
Non tutto è altrettanto brillante su Oxnard, e questa è la differenza fondamentale rispetto a Malibu. Alcuni momenti del nuovo disco suonano come dei riempitivi senza eccessiva personalità, e questo è un peccato, dal momento che Anderson. Paak non è davvero un autore qualunque. Può darsi che l’iperattivismo del quale abbiamo detto abbia in qualche modo pesato. Niente che nel complesso possa minare quanto Anderson. Paak ha fatto di buono, anzi di ottimo sinora, giusto la necessità di curare più attentamente e con maggiore costanza musiche e testi. Fosse il disco di un esordiente, Oxnard sarebbe notevole. Conoscendo il suo autore, ci si può attendere anche di più.
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