The Whole Story: l’opera prima ‘internazionalista’ dei francesi Astral Bakers.
In un triste mondo dove il selfie è diventato ideologia politica – ovvero guardare solo a se stessi – e dove l’egoriferitismo fa danni sempre più gravi, l’indie rock si fa portabandiera di un termine obsoleto e vituperato da quasi tutti i poteri piccoli e grandi: l’internazionalismo. Si è parlato, or non è molto, dei californiani The Umbrellas e del loro suono che molto deve all’indie-brit anni ’80 e ’90 e adesso eccoci a raccontare una storia abbastanza simile con gli Astral Bakers.
Chi sono gli Astral Bakers
Si tratta di un quartetto proveniente da Marsiglia che sdegna l’idioma gallico così come la chanson gainsbourghiana, il pop cinematico alla Air, la patchanka etnica dei Mano Negra o l’elettronica ammiccante dei Daft Punk, insomma le cose per la Francia musicale è conosciuta nel mondo anche da chi di musica s’interessa così così (si fa notare che per il mondo l’Italia pop è ancora quella di Nel blu dipinto di blu e Quando quando quando).
I nostri non sono dei ragazzini, hanno esperienze musicali piuttosto varie e come Astral Bakers a partire da metà 2023 hanno cominciato a pubblicare brani in veste singola che hanno suscitato un certo interesse e che, insieme ad altri, sono ora proposti nel primo album The Whole Story.
Cosa si ascolta nel disco
La dimensione strumentale è scarna (voce, chitarra, basso, batteria), le melodie avvolgenti, suadenti, fluide e la voce di Ambroise rilassata e a tratti trasognata. C’è un’idea di flusso, di costruzione rilassata ma sicura di sé che, nei momenti migliori (Don’t Remember, Beautiful, Only Lonely) dà vita a melodie lineari e belle, gisuto con un filo qua e là di distorsione. Se si vogliono dei referenti potremmo dire Slowdive, Smiths e ogni tanto i Sonic Youth più accessibili.
L’unica controindicazione è che i pezzi sono un po’… tutti d’un pezzo e verso la fine si vorrebbe qualche variazione, qualche piccolo sussulto, oppure una ballata acustica (Why parte come tale, ma poi si allinea al resto). È comunque un disco in cui è piacevole perdersi se si ha la giusta disposizione d’animo e poi non dimentichiamo lo spirito internazionalista di cui si diceva all’inizio.
Be the first to leave a review.