The Umbrellas, Fairweather Friend e canzoni molto inglesi da… San Francisco.
Un gruppo che si chiama The Umbrellas incide un album che si intitola Fairweather Friend, ovvero “amico nel bel tempo” (ovvero opportunista). La cosa curiosa è che il disco funziona (per davvero) molto meglio se ascoltato in una giornata piovosa. Altro dato interessante è che il gruppo si produce in un indie-pop molto britannico, dunque associabile a cieli grigi, pur provenendo da San Francisco, dove il sereno prevale, almeno nell’immaginario collettivo, e la pioggia è rara.
L’ispirazione transatlantica di Fairweather Friend
In realtà la città californiana è caratterizzata da molti giorni di nebbiolina pervasiva e allora, per continuare nella disarmante meteo-recensione, si può forzosamente immaginare che a questi si ispiri il quartetto. Fairweather Friend (pubblicato dalla Slumberland Records) è composto da canzoni costruite su chitarre jangly che possono essere definite malinconiche con brio, vivaci e meditative, insomma la materia di cui è fatto il pop britannico al suo meglio. Se qua e là si può cogliere qualche referente a stelle e strisce di ambito Paisley Undergroud, è indiscutibile che il suono debba moltissimo a modelli scoto-inglesi anni ’80-’90 come Lush, Pale Fountains, Orange Juice, per non parlare di una chitarra elettrica dai proficui studi (per corrispondenza?) alla scuola di Johnny Marr. Infine, se proprio si vuol trovare un’affinità contemporanea, allora si può dire che i nostri fanno pensare a dei Bar Italia (londinesi) meno problematici.
Gli Umbrellas come riparo per l’indie rock
Come nel caso delle The Last Dinner Party (e sempre nel regno Unito siamo), pare che negli Umbrellas rivestano molte speranze coloro che si preoccupano per la cagionevole salute del rock in chiave indie o del rock tout court. Anche per loro, infatti, le recensioni sono un po’ più entusiaste del dovuto. Indiscutibilmente Fairweather Friend suona fluido e rassicurante nei suoi stringati 34 minuti e diverse canzoni filano via che è un piacere risultando al tempo stesso coinvolgenti (Goodbye, Echoes, Games). Inoltre si fanno apprezzare le alternanze e gli incroci fra voce maschile e femminile. Al tempo stesso, però, alcuni passaggi suonano un po’ brit-scolastici e l’unica ballata acustica (Blue) dà un’idea di non finito o forse è soltanto fuori dalle corde del gruppo.
Sono comunque solo al secondo album The Umbrellas e i progressi rispetto all’opera d’esordio risultano evidenti. Per un ulteriore miglioramento forse ci vorrebbe na vacanza in quache posto piovoso per davvero (una breve ricerca consiglia Bergen, Pordenone e Lubiana…).
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