black midi - Hellfire

Una band decisamente in crescita: black midi – Hellfire

Tre dischi a partire dall’esordio del 2019: i black midi vanno a perdifiato come la loro musica, e il nuovo Hellfire (Rough Trade) è una conferma di quanto mostrato sinora, ma con aggiunte e cambiamenti. Sono anche una band che divide fra entusiasti e detrattori; Hellfire non sposterà lo stato delle cose, e i black midi questo lo sanno bene, non fanno niente per evitarlo, anzi vanno per la loro strada ben consapevoli della direzione intrapresa.

Si parte con Sugar/Tzu

Va detto che, in un’epoca in cui l’indie-rock, il post punk, la new wave, insomma tutti i generi il cui pubblico potrebbe essere interessato alla musica dei black midi, si orientano verso una ritmica mid-tempo, Hellfire va a ben altra velocità. Si ascolti l’iniziale (dopo l’intro costituito dalla title track) Sugar/Tzu, quattro minuti scarsi di stop & go che arrivano a velocità pazzesche, complice la superiore (rispetto alla media) capacità tecnica del trio e dei loro numerosissimi accompagnatori in questo terzo episodio. Per chi scrive è una boccata d’aria fresca, trovando noiosa la ritmica lenta di molte produzioni contemporanee. Tuttavia, la verità è che i black midi con i generi suddetti hanno poco a vedere, come emerge ascoltando Hellfire. Jazz-rock, prog, math, noise, art: si possono utilizzare molte descrizioni, nessuna delle quali fuori luogo, ma gli inglesi hanno ormai una loro cifra stilistica che schiva le facili definizioni.

Le influenze insolite di Hellfire

Come accennato, Hellfire si arricchisce di numerosi musicisti che sostengono Geordie Greep, Cameron Picton e Morgan Simpson, già polistrumentisti per conto loro. In particolare, diversi tipi di sassofoni suonati da Kaidi Akinnibi costituiscono un’aggiunta notevole. Ho anche accennato a un cambiamento nella musica della band: in particolare, sul precedente Cavalcade, la canzone Marlene Dietrich procurava una piacevole diversione rispetto al resto del disco. Su Hellfire i black midi ripartono da quell’idea per buona parte del disco, e questo significa due cose: che il fantasma di Kurt Weill aleggia un bel po’ e che un’altra influenza importante è data da Scott Walker, com’è evidente in brani quali The Race Is About to Begin e The Defence.

Certo, si vorrebbe da Geordie Greep e anche da Cameron Picton, che prende il lead vocal in due canzoni, una voce più all’altezza di ambizioni così alte. Non che siano disadatti a cantare, sia chiaro, ma rispetto alle loro capacità come strumentisti, siamo indietro e a volte si sente.

Third time’s the charm

Nel complesso, però, Hellfire costituisce un bel passo in avanti per i black midi: non è un disco perfetto, ci sono momenti ancora nei quali ci si chiede se, tra un virtuosismo e l’altro, non si siano persi per strada la canzone. Credo sia questo che spinge molti a trovarli pretenziosi. Tuttavia, altrove, come nelle già citate  Sugar/Tzu e The Defence, o nelle tinte country di Still, la band dà ottima prova di sé e alla fine produce un lavoro davvero originale, che di questi tempi non è poco.

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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