Working Men's Club – Fear Fear

Secondo disco carico di aspettative per i giovani Working Men’s Club: Fear Fear

Working Men’s Club, ovverosia club sociali privati britannici creati per la prima volta nel diciannovesimo secolo nelle aree industriali, in particolare nel nord dell’Inghilterra, nelle Midlands, nella Scozia e nelle valli del Galles meridionale, per fornire svago e istruzione agli uomini della classe operaia e alle loro famiglie. Con questa ragione sociale nel 2020, neo maggiorenni, esordiscono i Working Men’s Club con il loro disco omonimo, uno dei debutti più originali dell’anno, tra coldwave e tentazioni nu rave!

In questi giorni ci troviamo tra le mani la loro seconda fatica in studio, lo scoglio più insidioso da affrontare, e il titolo scelto sembra riflettere, oltretutto, la condizione psicologica e fisiologica in cui potrebbero essersi trovati i ragazzi in fase di lavorazione: Fear Fear (Heavenly Records). Dissipiamo subito ogni dubbio precisando che trattasi di lavoro assolutamente valido, l’upgrade di una formula già rodata con l’esordio.

Atmosfere e richiami di Working Men’s Club – Fear Fear

Un lirismo funesto contrapposto a melodie ottimistiche, chitarre spesso sullo sfondo, synth e drum-machine a gridare vendetta, vedasi a tal proposito l’apertura di 19, dove la new wave sfila a braccetto con una struttura tech-house; nel singolo Widow, dove alcune rotondità LCD Soundsystem si fondono splendidamente con il rigore delle trame che furono di Gary Numan o Fad Gadget.

Ci si perdoni l’esasperato citazionismo, frutto dell’impulsiva eccitazione di chi scrive con le cuffie in testa, sarebbe però una forzatura rimanere indifferenti durante l’ascolto di Ploys, laddove si amalgamano perfettamente Pet Shop Boys e New Order. E ancora nella quinta traccia Cut, così elettrizzante nel suo incedere motorik che sembra ricalcare l’inarrivabile Hallogallo dei tedeschi Neu!. Si badi bene che la miscela offerta dai ragazzi non si limita al richiamo pedissequo del passato, i Working Men’s Club non tributano nessuno, sono già espressione di una formula originale, quantomeno insolita.

La leadership di Sydney Minsky-Sargeant

Il leader Sydney Minsky-Sargeant (vocals/guitar/drum machine/synth) firma tutte le dieci tracce del lotto, comprese Heart Attack, il pezzo più balearic del disco, e Circumference, splendido affresco wave decadente che avrebbe sicuramente incontrato i favori di John Foxx e Depeche Mode. Chiude il disco The Last One, il brano più atipico della tracklist, un lungo crescendo ipnotico e minaccioso a completare nel migliore dei modi quarantacinque minuti di livello eccellente.

Come disse un eccelso drammaturgo e poeta d’altri tempi: “Vecchiaia, ti aborrisco; gioventù, ti adoro”.

Working Men's Club – Fear Fear
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Quattordicenne, tra i banchi di Porta Portese scopre la compilation rossa dei Beatles, da quel momento in poi la musica diventa il suo primo pensiero. Ascolta di tutto tranne il metal, detesta gli isterismi da fan e chi musicalmente è rimasto "ai suoi tempi".

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