Bob Dylan - Rough And Rowdy WaysSony Music - 2020

Parole che lasciano senza parole: Bob Dylan – Rough And Rowdy Ways.

Una considerazione sorge subito spontanea. Nel 2016 Bob Dylan vinse il Premio Nobel per la letteratura e qualcuno se ne adontò. Rough And Rowdy Ways dimostra una volta per tutte come quel premio fosse a dir poco doveroso. Gli acrimoniosi alla Baricco dovrebbero leggere qualche verso a caso di una qualsiasi canzone di questo disco per restarne affascinati. Ovviamente non lo faranno, tanto le loro amenità le hanno già dette.

I testi di Rough And Rowdy Ways

Ecco, tratto da Mother of Muses, un esempio di questa scrittura che (per citare Dylan medesimo) contiene moltitudini: “Cantami di Sherman, Montogomery e Scott/ E di Zhukov e Patton e delle battaglie che hanno combattuto/ Loro che hanno aperto la strada perché Elvis potesse cantare/ Che hanno aperto la strada per Martin Luther King/ Che hanno fatto ciò che dovevano e tirato dritto/ Amico, potrei parlare di loro tutto il giorno”. A parte il sorprendente cambio di registro dall’epico al colloquiale, la strofa dimostra una cosa: il Dylan odierno utilizza la sua ben nota visionarietà per arrivare a un concetto. E se proprio non ci sentiremmo di accostare il Generale d’Acciaio a The Pelvis, mille ringraziamenti a Dylan per aver citato il Maresciallo Zhukov, vincitore dei nazisti a Stalingrado. Senza di lui sì che il mondo come lo conosciamo sarebbe diverso, altra cosa che certi piccoli cervelli nostrani dimenticano, infastiditi dal fatto che Zhukov era comunista.

Bob Dylan e la Storia

Rough And Rowdy Ways è un disco pieno di storia, sia nella musica sia nei testi. O meglio è il disco di un artista posseduto dalla storia, che vive nella storia, che è la storia. Dylan ha 79 anni, ha visto molte cose nella sua vita ed è molto informato sulle cose del mondo. In una recente, lucidissima intervista concessa al New York Times spiega come riesca a gestire questo bagaglio enorme: “[Scrivo] in una sorta di stato di trance. Quasi tutte le mie ultime canzoni funzionano così. I testi sono concreti, non sono metafore. È come se le canzoni conoscessero se stesse e sapessero che io le so cantare, melodicamente e ritmicamente. In un certo senso si scrivono da sole e si affidano a me per essere cantate”.

 

Inevitabile pensare al primo dei tre  pezzi apparsi in rete in pieno lockdown da Coronavirus, ovvero Murder Most Foul (qui inserito in un cd a parte): le vicende degli Stati Uniti che si dipanano da un evento spartiacque come l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy  accompagnate da una costante colonna sonora (inclusi Eagles e Fleetwood Mac!) che dimostra, fra le altre cose, come la musica sia centrale nelle nostre vite, sia sempre accanto a noi. Lo è anche in questi giorni in cui abbiamo assistito alla morte atroce di George Floyd, evento che Dylan definisce “way beyond ugly” e che potrebbe entrare in una delle sue prossime canzoni.

Rough And Rowdy Ways è un testamento?

Alcuni passaggi fanno pensare a questo disco come a una sorta di testamento, una meditazione su mortalità e immortalità: “Tre miglia a nord del purgatorio/ A un passo dal grande oltre / Ho pregato sulla croce, ho baciato le ragazze/ E ho attraversato il Rubicone”. Se a questo punto può venire spontaneo un parallelo con Blackstar di Bowie o a You Want It Darker di Cohen, occorre dire che Dylan appare sempre capace di unire elegia e ironia, ad esempio nella scelta di un luogo-immagine dell’aldilà: “Key West è il posto dove stare/ Se è l’immortalità la cosa che cerchi” (*). Diciamo che il Maestro  si prepara all’inevitabile passo però ha intenzione di restare con noi ancora un bel po’.

La musica di Rough And Rowdy Ways

All’ascolto Rough And Rowdy Ways non contiene canzoni subito memorizzabili. Tuttavia è un disco che porta a compimento il processo di immedesimazione di Dylan nella grande tradizione americana. Come dice lui stesso: “Sono incatenato a quella tradizione”. Non a caso la foto all’interno del cd immortala l’incontro, nel 1931, fra due nomi-chiave della musica popolare americana, Jimmie Rodgers e la Carter Family. È curioso che un personaggio che la storia della musica l’ha scritta a grandi lettere si senta sempre più immerso, umilmente verrebbe da dire, in quella storia in forma quasi anonima, come un griot che racconta cose vecchie di secoli senza voler toglier la polvere da quei suoni (e da quella foto). Però poi c’è la voce e allora sai che Dylan è unico anche quando vuole essere uno dei molti.

Alcune grandi composizioni emergono ai primi ascolti

Per apprezzare Rough And Rowdy Ways lo si può pensare come disco-libro da centellinare avendo davanti i testi (non sono nella confezione ma si trovano facilmente in rete), oppure ci si può lasciare prendere dalla sua corrente fluviale, corrente quasi sempre placida e che accelera solo quando entrano in scena i blues. Queste sono, per forza di cose, le primissime impressioni, mentre ascolto dopo ascolto comincia a emergere la grande bellezza melodica quantomeno di Black Rider e Key West (Philosopher Pirate), oltre alla già nota I Contain Multitudes.

 

Tuttavia una considerazione è destinata a rimanere immutata. Il trentanovesimo album in studio di Bob Dylan dice che la musica nata con Elvis, Little Richard e Hank Williams ha ormai una portata ‘mitica’ degna dei poemi omerici. Noi possiamo solo essere fieri di avere dedicato a essa tempo e passione.

(*) Il nome in spagnolo della frivola e vacanziera Key West è Cayo Hueso (“isola delle ossa”) e a questo punto il riferimento prende una connotazione decisamente più cupa. Per l’informazione si ringrazia Marina Montesano.  

Bob Dylan - Rough And Rowdy Ways
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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