Bruce Springsteen – Only The Strong Survive

Un disco di cover per Bruce Springsteen: Only The Strong Survive.

«Volevo fare un album in cui cantare e basta. E quale musica migliore, per fare tutto questo, se non il repertorio americano degli anni sessanta e settanta? Ho preso ispirazione da Levi Stubbs, David Ruffin, Jimmy Ruffin, the Iceman Jerry Butler, Diana Ross, Dobie Gray, Scott Walker, tra gli altri. E ho provato a rendere giustizia a tutti loro e a tutti gli spettacolari autori di questa musica gloriosa. Il mio obiettivo è permettere al pubblico moderno di fare esperienza della bellezza e gioia di queste canzoni, così come ho fatto io fin dalla prima volta che le ho sentite. Spero che amiate ascoltarle tanto quanto ho amato io realizzarle».

Così parlò Bruce Springsteen a proposito del suo ultimo lavoro Only The Strong Survive. Quindici cover che si spingono dagli anni d’oro fino ai tempi più recenti di quel grande universo, non solo nero, del soul e del r&b, che fecondò di tanti saporosi umori gli iniziali Greetings From Asbury Park, N. J. e The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle. Umori che si sarebbero in breve essiccati al sole di una vocazione al tempo stesso più schiettamente rock e più ombrosamente autoriale, fino ad evaporare quasi del tutto.

Buone intenzioni per un risultato goffo

Le intenzioni sono dunque sul tavolo, chiare e dichiarate, i maestri dell’anima evocati con nome e cognome. Ma a differenza di Colombo, che, tradendo le proprie, di intenzioni, si trovò nelle Americhe invece che nelle Indie e male non gli andò, a Springsteen pare si siano addirittura incendiate le caravelle, per lasciarlo smarrito nella stanza del nulla.

Duole molto dirlo, ma diciamolo – e qualcuno che può, glielo dica, se può – che Only The Strong Survive è un album sbagliato, brutto e inutile.

Sbagliato perché le  quindici canzoni, non tutte ben scelte, sono rese desolatamente uniformi e noiose dalla resa vocale di Springsteen: forzata, affaticata, monocorde, ripetitiva, priva di inflessioni. Non sa (o non sa più) ammiccare, Springsteen, non riesce a sussurrare, a suggerire. Peccati mortali al cospetto di siffatto repertorio.

Brutto perché Springsteen, che di certo si è divertito a incidere brani di autori molto amati, non riesce a trasmettere un briciolo del suo entusiasmo. La noia la fa da padrona e si fa fatica, letteralmente, ad arrivare alla fine delle canzoni, sperduti fra arrangiamenti ripetitivi e roboanti conditi da archi (recente mania) che saltano fuori sempre dove meno sarebbe giusto aspettarli e infarciti di coretti esasperanti e mal fatti.

Inutile, ed è quanto più dispiace, perché nessuno dei generosi obiettivi che hanno spinto il nostro a realizzare il disco è raggiunto. L’album che Springsteen ha voluto incidere per cantare e basta è mal cantato e, peggio, interpretato malissimo. Della bellezza e della gioia delle canzoni resta appena un’idea, sotto una banale patina di mediocrità, un po’ sopra, un po’ sotto le righe. Alla gloria degli anni migliori del soul e del r&b, che per fortuna giustizia se la fanno da soli, questo grande performer ormai stanco, ma inguaribilmente bulimico, non porta neppure un granello d’oro.

Le cover scelte da Bruce Springsteen per Only The Strong Survive

Non si sa, davvero, e senza esagerazione, dove mettere le mani. Forse (e dico forse) si salva la freschezza di Do I Love You (Indeed You Do) che fu di Frank Wilson, nella quale l’interprete si muove con maggior spigliatezza. Non sopravvivono purtroppo al naufragio i duetti (male del secolo e che si presentano infatti puntuali come la morte) con il glorioso Sam Moore: Soul Days (di Dobie Gray) e I Forgot To Be Your Lover (di William Bell) suonano piatti e scontati.

Il culmine del disastro ci pare però che si compia nella imbarazzante rilettura di Nightshift, già cavallo di battaglia dei Commodores e nella goffa e un po’ sguaiata riproposizione di The Sun Ain’t Gonna Shine Anymore, degli Walker Brothers. Ma ognuno potrà scegliere, in base al gusto e all’amore per gli originali, il suo personale pezzo mal riuscito, senza che sia necessario esemplificare oltre.

Per Springsteen fu a lungo un credo la rigorosissima selezione del proprio materiale – al punto di ritenere Because The Night non all’altezza di comparire in album, per dire. Ormai però si teme che a questo grande autore, al quale arride una vivace e forse troppo feconda senilità, si sia appannato il giudizio sulle facoltà, e possibilità, che gli restano. E soprattutto chi scrive è da tempo certo che i cori, invariabilmente modulati sulla tonalità dell’entusiasmo, che accolgono ogni sua nuova impresa, non gli facciano proprio un gran bene.

Bruce Springsteen – Only The Strong Survive
4,5 Voto Redattore
10 Voto Utenti (2 voti)
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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

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