Bruce Springsteen - Songs Of Location

Continuano le Live Series di Bruce Springsteen: Songs Of Location

Certo che, da un po’ di tempo a questa parte, bisogna volergli bene davvero, a Springsteen. Sì, lo ammetto, ogni volta che leggo “Bruce”, come fosse l’amico del bar sotto casa, o peggio il “Boss”, nemmeno fosse il protagonista di un film di Scorsese, metto mano alla pistola. Ed uno dei motivi (per i quali bisogna volergli bene, non per i quali metto mano alla pistola), per quanto mi riguarda è l’ansia da pubblicazione che lo tormenta ormai da anni. Buoni album di inediti (sì, mi riferisco a Western Stars e Letter To You), salutati come se, dopo anni di prove opache (sì, mi riferisco a Wrecking Balls e High Hopes, ma non solo), fosse giunta una anziana primavera di capolavori, che capolavori non sono (e per chi scrive non lo sono più da The Ghost Of Tom Joad, correva l’anno 1995); e poi scavi su scavi negli archivi.

Con Songs Of Location si arriva ad una nuova stazione della Live Series, che viene da pensare non sia l’ultima, lungo la strada di un rovistare nelle registrazioni del passato, la cui ampiezza inizia a farsi minacciosa e che si comincia a credere con un po’ di preoccupazione possa non avere mai fine.

The Legendary 1979 No Nukes Sessions

Bene gli archivi, benissimo, per carità, non fraintendiamo. E va benissimo anche che il nostro, fino all’anno di grazia 1986 in cui partorì lo storico cofanetto Live/1975-1985 si sia rifiutato, come punto di principio, di incidere dischi dal vivo e, dopo aver fatto sì che il mercato divenisse una bolla satura di bootlegs, prima abbia dovuto correre ai ripari e poi lo abbia invaso, guarda un po’, di registrazioni dal vivo che corrono lungo tutta la sua pluridecennale carriera. E sì che alcune di queste, anche di più recente comparsa, si fanno benedire, come le The Legendary 1979 No Nukes Sessions apparse nel 2021 (che si consiglia di procurarsi, di corsa, a chi non l’ha fatto).

Le Live Series

Si comprende anche, ad una certa età, anagrafica e di carriera, il voler dare ordine al caos, e ci mancherebbe; e si capisce soprattutto il desiderio birichino di metterlo (il caos) sul mercato in forma accattivante, ma forse, anche lungo questo binario, si è arrivati al capolinea. Perché passando per le canzoni di speranza, di amicizia, dell’estate, d’amore, e attraverso le cover si arriva ora a quelle che, parafrasando e interpretando, potremmo definire “canzoni collocate in un luogo geografico specifico, reale o immaginario”. Non si sente troppo l’esigenza di andare avanti, anche perché, per belle che siano, le canzoni quelle sono e quelle restano. Ma si teme e si ha sentore che avanti si andrà.

Bruce Springsteen – Songs Of Location sempre al top

Naturalmente, cosa volete dire ad un songwriter che è anche uno dei più straordinari performer della storia del rock? Nulla. E infatti anche in questa selezione live di Springsteen se ne sentono delle bellissime. Le migliori, anche nei suoni e negli arrangiamenti (oltre che di gran lunga nella forma vocale del leader e della macchina da guerra della band) una Lost in Flood del 1975 in apertura, forse il punto più alto del disco, una Candy’s Room del 1978, e una Darkness On The Edge Of Town del 1981, sapide di quegli umori, di quei sapori densi, screziati e tesi che Springsteen sapeva dispensare in quegli anni come nessuno e che valgono la spesa da sole. E se ci pare tutt’altro che indimenticabile la versione del 2012 di Thunder Road, un altro colpo al cuore viene dalla acustica  e consolante dolcezza di My Father’s House del 1990. Qua e là un po’ di fracasso, e va bene, nelle esibizioni più recenti, ma le soddisfazioni, fra una My Hometown e una Streets Of Philadelphia, come volete che facciano a mancare?

È vero, da un po’ di tempo a questa parte, bisogna volergli bene davvero, a Springsteen. Ma ne vale sempre, maledettamente, la pena.

Bruce Springsteen - Songs Of Location
8 Voto Redattore
0 Voto Utenti (0 voti)
Cosa ne dice la gente... Dai il tuo voto all'album!
Sort by:

Be the first to leave a review.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Show more
{{ pageNumber+1 }}
Dai il tuo voto all'album!

print

Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.