Health è la casa più bella dell’architetto C Duncan.
C Duncan aveva esordito nel 2015 con le pensose canzoni dai bei tocchi acustici di Architect e si era un pochino troppo egoriferito, l’anno seguente, in The Midnight Sun.
Figlio di compositori classici, il giovanotto di Glasgow (nome di battesimo Christopher) aveva comunque dimostrato sapienza nella scrittura dei pezzi. Cosa ancor più importante, i suoi album comunicavano un’idea di spazio e luminosità, come case dalle grandi finestre. Che la sera non sempre qualcuno accendesse la luce contribuiva a dare un senso di mistero all’insieme. Come suggeriva il titolo dell’opera prima, ambient pop in senso quasi architettonico.
Health è il primo disco di C Duncan con aiuti esterni
Oggi Health si caratterizza per una novità importante: mentre nei due lavori precedenti Duncan aveva fatto tutto da solo, qui intervengono sia un produttore (Craig Potter degli Elbow) sia musicisti esterni. Se il materiale edile principale è sempre l’idea di perfetta canzone da tre minuti, stavolta a cambiare sono i colori divenuti più vivaci, qua e là persino squillanti. E accostati senza paura di sembrare troppo in contrasto fra loro.
Si percepiscono i riferimenti a personaggi coevi come Teleman e Hot Chip, ma quando il suono prende pieghe dance o persino soul arrivano echi di maestri più lontani nel tempo quali ABBA, Chic e persino Donald Fagen (Talk Talk Talk. E visto che si parlava di toni contrastanti, fa un certo effetto ripensare a Robert Wyatt e Hatfield & The North nei passaggi più sospesi (Reverie e la title-track).
Lo strano fascino di Health
Con Health Christopher Duncan costruisce il suo villino sonoro più bello, persino lussuoso, ma anche stranamente metafisico, come suggerisce la copertina alla David Hockney. Un posto frequentato da gente colta e brillante a cui può magari capitare di arrabbiarsi per lo stato delle cose oppure raccontare cose tristi oppure fare coming out (He Came From The Sun). Solo alcuni ambienti esagerano in levigatezza, ad esempio Blasé – nomen omen – che ricorda quelle cucine in cui pare inappropriato anche cuocere un uovo. Alla fine dentro Health si sta proprio bene ed è difficile ad andarsene. Se sia per comfort o incantesimo – come l’Hotel California degli Eagles – è ancora difficile dirlo.
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