Recensione: Daniel Lanois – Heavy SunMaker - 2021

Daniel Lanois: un produttore eclettico.

Recensione: Daniel Lanois – Heavy Sun
Maker – 2021

Daniel Lanois rappresentava uno stranissimo caso in un mondo della musica che per anni ha ragionato per generi che facevano fatica a parlarsi e riconoscersi. Di certo negli anni ottanta la musica elettronica/ambient di Brian Eno non era esattamente quella che si ascoltava a New Orleans tra un disco di Allen Toussaint e uno di Dr. John, eppure lui ha incarnato alla perfezione le anime di due mondi così diversi, mettendo poi la sua esperienza al servizio dei più grandi (per U2, Bob Dylan, Peter Gabriel, Robbie Robertson, Neville Brothers, Willie Nelson, Emmylou Harris, Neil Young le sue produzioni più memorabili).

La carriera solista di Daniel Lanois approda a Heavy Sun

La sua carriera solista ha sviluppato ancora meglio il concetto, con album di bellissime canzoni nate nel fango del Mississippi come Acadie o For the Beauty of Wynona, alternati a quelle sperimentazioni di studio imparate negli anni in cui si è fatto la gavetta come assistente proprio di Brian Eno (va ricordato perlomeno Belladonna del 2005). Ma probabilmente è questo nuovo Heavy Sun la migliore sintesi della sua musica, un disco di canzoni gospel-oriented concepito con una band creata con gli amici Rocco DeLuca (chitarra), Jim Wilson (basso) e Johnny Sheperd (organo), tutti impegnati a creare con le loro voci splendidi impasti vocali, a cui manca davvero solo il falsetto di Aaron Neville per riportare in auge il suono che creò per i Neville Brothers in quel capolavoro che fu Yellow Moon.

 

L’elettronica c’è, ma per l’occasione Lanois ha preferito dare l’impressione di un gruppo che suona dal vivo in studio, nonostante resti evidente che il lavoro di produzione resta imponente e certosino come sua abitudine. Ma a questo giro Lanois ha voluto concentrarsi soprattutto sulle canzoni, lanciando, in un clima di totale ritrovata pace spirituale, appelli come Power, brano contro le disumane dittature africane, imbeccato proprio da una petizione lanciato dall’amico Brian Eno, ma anche altri richiami tipici di questa nuova era-covid come Every Nation, Mother’s Eyes e Angels Watching. Protagonista, tra gli strumenti, è sicuramente l’organo Hammond di Johnny Sheperd, musicista che proviene proprio dal mondo della musica di chiesa, e che Lanois ha imbarcato anche nelle vesti di consulente sull’argomento.

Daniel Lanois – Heavy Sun: il giudizio

Il risultato è un disco molto intimo, melodico, rilassato, in cui per una volta ci si gasa più per la brillantezza delle soluzioni vocali, piuttosto che per la perfezione delle soluzioni tecniche adottate. Ed è questo che rende Lanois uno dei musicisti più completi della nostra era, ormai poco presente purtroppo come produttore per conto terzi (ma l’epoca dei grandi produttori è tramontata con la triste vittoria del più economico home-record), ma sempre attivo come teorizzatore di una musica che unisca in egual misura tecnica e anima, due spiriti che il mondo del rock è sempre riuscito a conciliare con grande fatica.

Daniel Lanois – Heavy Sun
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Scrive regolarmente di musica dal 1992 per varie testate e siti web di settore (Mucchio Selvaggio, Il Buscadero, Rootshighway, FilmTV). Nel 2009 il suo racconto La Pistola ha ottenuto la Menzione Speciale della Critica al Concorso Quaderni Rock del MEI. Nel 2010 ha pubblicato Rolling Vietnam – Radio-grafia di una guerra (Pacini Editore), nel 2017 il thriller Musical 80 (WLM).

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