Tracey Thorn e Ben Watt, indimenticabili Everything But The Girl, tornano con Fuse.
Con un post su Instagram senza fronzoli, a fine 2022 Tracey Thorn e Ben Watt annunciavano di aver completato un nuovo album, in uscita nella primavera del 2023. Fedeli alla promessa gli Everything But The Girl ci consegnano Fuse (Buzzin’ Fly/Virgin), un lavoro per molti versi coinvolgente.
Nel suo ultimo libro (My Rock’n’Roll Friend, 2021), Thorn raccontava con estremo candore il difficile periodo del primo lockdown e di come la coppia si fosse trovata più volte sul punto di implodere. Difficile, dunque, non congetturare che l’idea di riprendere a fare musica insieme possa essere stata in parte dettata dal desiderio di ritrovarsi e provare a ‘concepire’ ancora una volta.
Un disco dalle molte atmosfere
Sebbene l’impianto decisamente dance/electronic di quest’opera si collochi in piena continuità con la loro ultima uscita (Temperamental, 1999), mai si avverte, nel corso dei suoi 35 minuti, quello sgradevole senso di ‘già sentito’. La penna e la voce di Thorn si fondono sapientemente (perdonatemi l’ovvio gioco di parole) con le composizioni e le tastiere di Watt per confezionare dieci brani in bilico fra malinconica introspezione e luccicante cupezza.
Fuse è un inno alla vita nonostante gli anni che passano, e non solo per gli Everything But The Girl.
L’attacco con Nothing Left to Lose è di forte impatto e subito ci si trova immersi nel suo groove a fare ‘così’ con la testa mentre Tracey esorta l’altro (Ben?) a ‘baciarla finché c’è ancora musica, in questo mondo in degrado’. Il timbro della voce porta i segni dell’età che avanza, ma questo esalta con grande effetto i toni nostalgici della tremolante Run a Red Light – una celebrazione delle lunghe notti in discoteca del passato (passa col rosso dice il titolo, forget the morning, this is tonight). Se l’ipnotica Caution to the Wind è un pulsante inno al rimettersi in gioco in un rapporto stantio, Lost, è una meditazione sulla perdita di senso di orientamento che trova il suo corrispettivo sonoro nel trattamento della voce che più avanti ancora, in Interior Space, diventa quasi lugubremente irriconoscibile. Non vi è un solo ‘filler’ in questo Fuse: ogni sua traccia e minuto vibra di dedizione alla vita (‘give me something I can hold on to forever!’) e alla musica elettronica.
Thorn ha più volte parlato del panico da palcoscenico che da decenni ormai le impedisce di esibirsi in concerto (notevole il suo libro dedicato al canto: Naked At The Albert Hall, 2015). È forse dunque inutile sperare che a questo Fuse possa seguire un tour vero e proprio ma a noi va bene così: gli Everything But The Girl sono ancora vivi e nelle loro vene pulsa una verve musicale ancora vitale e coinvolgente.
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