Le belle ombre di Fabrizio Cammarata.
Nel nostro resoconto del 2017 musicale abbiamo citato fra i tratti caratteristici dell’annata la presenza di diversi bei dischi descrivibili come “autobiografie problematiche”.
Della categoria fa certamente parte Of Shadows di Fabrizio Cammarata, album che è fratello in spirito e suoni di In The Kingdom Of Dreams di Ian Felice e Stranger In The Alps di Phoebe Bridgers. (Ci sarebbe anche A Crow Looked At Me di Mount Eerie, ma sta in una dimensione dolorosa talmente irrimediabile da rendere quasi inopportuna la citazione.)
Of Shadows racconta un amore finito
Il musicista palermitano scrive 11 canzoni che parlano di un amore finito e vanno a formare un nitido resoconto di quel periodo fatto di ombre con (occasionali) luci, picchiate con (faticose) risalite che segue la fine di ogni relazione sentimentale.
La frase che segue a Cammarata forse non piacerà. Però bisogna proprio dire, in stile conversazione da bar, che nella sfortuna gli è andata bene. Lo strazio dell’addio lo ha infatti portato a incidere l’album più bello della sua carriera. Of Shadows non ha nulla invidiare alle cose migliori di Iron & Wine, Bon Iver (prima maniera) e Damien Rice. E in I Don’t Belong Here il nostro impartisce una severa lezione sul tema ballata pianistica a Father John Misty.
Il fascino del lavoro sta nella dimensione solo apparentemente sommessa di melodie e suoni. Che sono invece carichi di forza vitale e riescono a evocare grandi spazi quando invece si potrebbe pensare che l’emozione dominante sia la chiusura, la fuga nella propria stanza.
Fabrizio Cammarata sciamano di se stesso
Il classico concetto del fare musica come autoterapia trova stavolta una conferma, in versione ‘alternativa’, nelle parole dello stesso Cammarata: “Quando abbiamo ultimato il disco mi sono sentito come al termine di un rito sciamanico. Libero. Sono stato lo sciamano di me stesso!”.
Oltre che sciamano di se stesso, Fabrizio è stato anche buon amico degli ascoltatori a cui ha proposto canzoni in chiave acustica-con-elettronica che non risultano mai pesanti, che inducono al moto d’affetto più che alla compassione. Fanno eccezioni i nervi tesi di Naked For You, ma in queste situazioni è quasi normale, anzi necessario, che ci siano.
La conclusiva Mi Vida suggerisce un rasserenamento nonostante tutto, l’inizio di un percorso d’uscita dal dolore. Chissà perché viene da pensare che una gita al “Mount Pellegrino”, così amabilmente evocato da Cammarata nell’album Rooms, aiuterebbe parecchio.
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