Fenne Lily - Big Picture

Big Picture, delicato terzo album di Fenne Lily, somiglia parecchio ai due precedenti.

Fenne Lily è una giovane songwriter britannica, originaria del Dorset, classe 1997. Dal Dorset vengono molte buone cose, come ad esempio PJ Harvey (non c’entra gran che, mi rendo conto). Fenne Lily ha dato alle stampe lo scorso 14 aprile il suo terzo album Big Picture (pubblicato da Dead Oceans). Big Picture, terzo album di Fenne Lily (l’ho già detto, lo so) ha una caratteristica: è pressoché identico al secondo album di Fenne Lily, Breach, uscito nel 2021.

Storia dei due Breach

Di Breach, Fenne Lily ha dato alle stampe, sempre nel 2021, una ghiotta versione ridotta ed acustica, che si intitola (e ci può stare, via) Breach. Noi, per non confonderci, visto che l’età incalza, alluderemo a questo autonomo parto discografico con il suggestivo nome di “Breach acustico”. Le cinque decorose canzoni venate di femminile malinconia di Breach acustico hanno una caratteristica: sono pressoché identiche alle cinque non meno decorose canzoni, non meno venate di femminile malinconia, contenute in Breach (quello non acustico). Quindi Breach acustico, oltre a rappresentare una versione ridotta di Breach, è inutile, perché le canzoni di Breach non sono propriamente arrangiate come un disco dei Venom, ma sono eleganti ballate folk appena appena mosse da una leggera brezza ritmica (son poeta, si sa) e appena appena elettrificate.

Da Breach a Big Picture quasi nulla cambia nel mondo di Fenne Lily

Breach e Breach acustico risultano aver dunque le seguenti caratteristiche: sono pressoché identici fra loro; uno, almeno, fra i due, è inutile; entrambi sono pressoché identici a Big Picture e – vai a fidarti dei giovani – entrambi sono pressoché identici al disco di esordio di Fenne Lily, On Hold, del 2018. Dal che se ne deduce, per la proprietà transitiva della similitudine fra dischi della stessa autrice, che  On Hold, esordio educato e carino per una voce sussurrante e sospirosa che si adagia su testi di risaputo intimismo, è pressoché identico a Big Picture.

Dico questo perché può capitare che Fenne Lily piaccia. In tal caso, l’ascoltatore si trova, beato lui, davanti ad una grande ed inattesa botta di culo, giacché quanto di lei si è potuto udire in questi ultimi cinque anni è, con ogni probabilità, molto simile, o pressoché identico, per citare noi stessi, a quanto seguirà nei prossimi cinquanta, che le auguriamo di tutto cuore con la certezza che, come cantavano i Nomadi, noi non ci saremo.

Una parentesi metallica: i Venom

Ora, i Venom, che non c’entrano gran che, come del resto PJ Harvey che li ha preceduti, se non per essere inglesi (come PJ Harvey e come Fenne Lily, ma della operosa e ruvida Newcastle, non del verde e morbido Dorset) ma che abbiamo tirato in ballo e che ormai dobbiamo far ballare, le loro canzoni, per parafrasare un saggio critico musicale al quale portiamo molta venerazione, le scrivevano, le suonavano e le registravano col culo. Ma quarantadue anni dopo il devastante esordio di Welcome to Hell quel rozzo concentrato di rutti musicali e satanismo carnevalesco ce lo ricordiamo, per fortuna, in molti (e lo dico senza ironia).

E ora ritorniamo a Fenne Lily

Nell’universo musicale di Fenne Lily, tutto è preciso, tutto è perfetto, tutto è calibrato. Ma nulla si ricorda, nulla rimane: non un verso, non una melodia. Come è giusto e normale che sia, come è la regola, in un mondo di giovani vecchietti che sanno bene di portare a casa il compito senza nemmeno un segno blu o rosso. Ogni volta. Ed ogni volta allo stesso modo. E senza copiare. Ma non per originalità, soltanto per aver mandato a memoria il sussidiario. Brava, ma due palle così, insomma (Fenne Lily che, si spera per lei, ci ignora, ci perdonerà l’affronto).

Ecco, ho un sospetto, e solo di un sospetto si tratta. Che delle educate e delicate produzioni di Fenne Lily, delle brumose atmosfere che avvolgono invariabilmente ogni canzone di Big Picture, da Map Of Japan (che dovrebbe trainare l’opera) fino alla conclusiva Half Finished, delle sue chitarre acustiche appena elettrificate da cui si disperdono petali di jazz talmente confidenziali da perdersi nell’aria, delle sue meditative malinconie, non si ricorderanno in molti.

Ecco, ho un altro sospetto, e sempre e solo di un sospetto di tratta. Che non saranno necessari quarantadue anni, ma basteranno quarantadue minuti, tanto dura Big Picture (secondo più secondo meno), perché tutto sia lavato via, a colpi di sbadigli.

Fenne Lily - Big Picture
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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

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