The National -First Two Pages of Frankenstein

The National e le First Two Pages Of Frankenstein: anche un nono disco può essere difficile.

Nel 2019 I Am Easy To Find –  disco serio, corposo, impegnato, un filino presuntuoso e ricco di apporti vocali femminili – diceva che The  National restavano un nome di primo livello della scena indie-adulta-quasi-mainstream. Anche perché poco dopo Aaron Dessner è intanto diventato produttore dei due album della svolta seria della superstella Taylor Swift (e a breve è atteso il frutto della sua presenza in cabina di regia per il nuovo Ed Sheeran). Quindi tutto bene, si direbbe. Di recente la collaborazione di entrambi i fratelli Dessner al bel progetto Complete Mountain Almanac testimoniava di un attivismo positivo.  E adesso arriva  questo disco sommesso, sottotraccia. Anche senza sapere niente delle vicende del gruppo si capisce che qualcosa è successo.

Le prime due pagine di Frankenstein: dal libro di Mary Shelley all’album dei The National

È successo che il cantante Matt Berninger è rimasto – per sua stessa ammissione – vittima di un lungo blocco creativo accompagnato da una grave depressione. Le sue difficoltà si sono ripercosse sullo stato d’animo dei compagni. Ciò detto, First Two Pages Of Frankenstein è da considerare il disco della convalescenza dei The National. Lo spiega il titolo dell’opera che in realtà poco ha a che fare con l’infelice creaturona e lo scienziato suo artefice, visto che nelle prime due pagine del libro di Mary Shelley il protagonista è il narratore ‘di cornice’ Robert Walton e il suo viaggio verso il Polo. Il messaggio è ricco di romantici auspici: ” Invano cerco di convincermi che il Polo è il regno della desolazione e del gelo: esso si presenta alla mia fantasia come luogo di bellezza e di delizie”. La stessa idea di aspra rinascita nella difficoltà è ben delineata nel testo di Tropic Morning News: “Stavo soffrendo più di quanto lasciassi trasparire/ Andava in onda il telegiornale dei tropici/ Ora niente può impedirmi/ Di riferire ad alta voce tutte le parti dolorose”.

The National e il viaggio dalla sofferenza alla quasi guarigione

Da un lavoro convalescente non ci si può aspettare grande brio e già c’è chi parla di istigazione alla sonnolenza o di senile torpidezza. In realtà tutta la prima parte si fa apprezzare nella sua trattenuta intensità, soprattutto nei momenti in cui si insinua nella melodia quel ritmo sottotraccia che è da sempre uno dei marchi di fabbrica della band di Cincinnati: Eucalyptus (con citazione di Cowboy Junkies e Afghan Whigs) e la già citata  Tropic Morning News con quasi robusta chitarra elettrica. E non dispiace, a proposito di citazioni rock, New Order T-Shirt,  suono americano da motel triste e strade lucide di pioggia (lucido anche l’occhio). Altri momenti notevoli sono This Isn’t Helping (con la voce di Phoebe Bridgers), ampia quanto dolente, e l’iniziale Once Upon A Poolside, dove l’ospite cantante è Sufjan Stevens.

Le cose vanno meno bene a partire da quello che dovrebbe essere il passaggio commercialmente più proficuo, ovvero The Alcott, duetto sentimentale proprio con Taylor Swift che alla fine vira sul lezioso. Pure Ice Machines affatica con archi, zuccheri e un canto abbastanza a disagio. Si chiude con la pregevole ballata piano, archi e fondale elettronico Send For Me, dall’esplicito contenuto positivo: “Fammi chiamare comunque, dovunque/ Fammi chiamare, verrò a prenderti/  Fammi chiamare comunque, dovunque”.

Dunque si può dire che in First Two Pages Of Frankenstein si viaggi dal ricordo della sofferenza alla quasi certezza della guarigione, pur con qualche comprensibile momento di stanchezza lungo il percorso.  Certo che se il prossimo disco s’intitolasse “Le prime due scene di Frankenstein Junior” sarebbe proprio un bel segnale positivo.

The National - First Two Pages Of Frankenstein
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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