Ghostpoet racconta un mondo impaurito: quello prima del Covid-19

“Non torneremo alla normalità perché la normalità è il problema!” Questa frase letta su un muro torna alla mente ascoltando I Grow Tired But Dare Not Fall Asleep. Il perché è presto spiegato: il quinto album di Obaro Ejimiwe, in arte Ghostpoet, racconta proprio quella normalità pre-Covid, quell’epoca vicina-lontana che potremmo definire, paradossalmente, passato distopico.
I Grow Tired But Dare Not Fall Asleep: un disco che ha raccolto ampi consensi
Dev’essere per questa sua dimensione di foto dalle tenebre del 2019 che “Mi sento stanco, ma non oso addormentarmi” è piaciuto a quasi tutti. E certo di un bel disco si tratta, una sequenza di brani dove il recitato-cantato di Ghostpoet si snoda tra l’ipnotico e l’impassibile senza bisogno di enfatizzare alcunché: le cose raccontate sono abbastanza spiacevoli da non dover essere sottolineate. Sulla stessa tristezza d’onda è la parte musicale tra linee di basso circolari, chitarre fosche, soprassalti di tastiere. Volendo dare qualche termine di riferimento si possono citare Tricky, Barry Adamson e, dove spuntano le voci femminili (inclusa la francese Sarasara), Baxter Dury.
Eppure nella musica di Ghostpoet qualcosa manca
Un bel disco si diceva, ma non un grande disco, come se la tristezza per quel che vede e suona devitalizzasse qua e là Ghostpoet. In un certo senso, e per ritornare ai nomi menzionati, possiamo dire che al nostro mancano l’estremismo (Tricky), l’asprezza (Barry Adamson), l’ironia (Baxter Dury). Ci vorrebbero più nervi scoperti, quelli che corrono, ad esempio, lungo la pelle della title-track, con le sue chitarre incalzanti, o di Rats In A Sack, dove lo slogan caro ai brexiters, “out means out”, si trasforma in litania stupida e inquietante.
Chissà cosa racconterà Ghostpoet del durante e dopo Covid-19; perché è certo che entreranno nella sua ispirazione prossima ventura. Forse li userà come spunto per arrivare al capolavoro che ancora deve realizzare.
Be the first to leave a review.