Freakout/Release: il disco pandemico degli Hot Chip non cambia molto rispetto al passato
Capita a volte di perdere di vista amici o persone che ci piacciono. Allo stesso modo capita di dimenticare artisti che ci piacciono. A volte capita di ritrovarli – amici e artisti – e la cosa è di norma piacevole, ammesso che nel frattempo non abbiamo preso una cattiva strada. Quanto agli Hot Chip, la loro strada è sempre quella, descrivibile come musica ballabile sovente avvolta di malinconia e con qualche schizzo di nervi. O anche synthpop con sentimento.
Pare che il precedente A Bath Full of Ecstasy spingesse – visto il titolo – sulla dance più che in passato e anche Freakout/Release (tutto registrato durante la pandemia) parte in chiave quasi funk con Down, per poi diventare simpaticamente frivolo, british e agrodolce con Eleanor. Un inizio gradevole, ma non entusiasmante. Subito dopo arriva la title-track con tanto di vocoder e piglio persino apocalittico, quasi Alexis Taylor e Joe Goddard giocassero a fare gli electro-Black Sabbath con ricordi Kraftwerk. Apocalittiche anche le parole: “Una volta la musica era fuga/ Adesso non riesco a sfuggire alla musica”. Vuoi vedere che nel periodo in cui non li abbiamo frequentati sono diventati brontoloni come talora accade invecchiando? D’altronde è 22 anni che fanno musica e sull’argomento sono ferrati.
Gli Hot Chip convincono di più quando sono ‘classici’
Con la parte centrale del disco arrivano gli Hot Chip classici e qui sì che è come ritrovare i vecchi amici: ritmici e melodici, ariosi e malinconici. Il momento migliore è Hard to Be Funky, struggente senza versare lacrime e con il bell’inciso vocale di Lou Hayter. Ed è sensazionale il distico d’apertura “Vero che è difficile essere funky quando non ti senti sexy? Ed è difficile essere sexy quando non sei troppo funky.” Capitato a tutti, no?
Verso la fine The Evil That Men Do prende una piega più oscura (specie nell’inciso rappato da Cadence Weapon e nelle note insistite del piano), forse perché il tema è – obliquamente – politico. Dopo una Guilty un po’ svagata e un po’ Soft Cell arrivano i toni da inno della conclusiva Out of My Depth, commovente ed efficace invito ad abbandonare qualcosa che somiglia molto alla depressione: “Poi eccomi nella mi stanza più buia/ Ma sto bene attento a non starci bene/ Così è troppo, ma andandomene via / Sarà stato utile esserci passato.”
Insomma, bello il secondo incontro con gli Hot Chip. Si è parlato di tante cose e le affinità elettive sono rimaste. Loro sono sempre loro e forse non puoi chiedergli di cambiare troppo, considerando che più della metà delle canzoni di Freakout/Release sono molto belle (e anche quelle più vacue non dispiacciono). Dai, Alexis e Joe, non perdiamoci di nuovo di vista.
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