Affiancati da Nigel Godrich, tornano gli Idles con Tangk.
Nel corso degli ultimi anni gli Idles si sono imposti come una delle realtà più amate nella variegata scena post-punk britannica: riuscirà Tangk (Partisan Records), quinto album della band, a mantenerli al vertice? Il disco esce a un anno e mezzo circa da Crawler ed è prodotto come il precedente dal chitarrista Mark Bowen e da Kenny Beats, questa volta scortati però da un ospite d’eccezione, cioè da Nigel Godrich, voluto esplicitamente per il suo lavoro con i Radiohead.
Un disco all’insegna dell’amore
Già questo segnala un cambiamento in casa Idles, cambiamento che peraltro era già parzialmente evidente in Crawler. Con Tangk, gli Idles si propongono in versione light: messi momentaneamente da parte i toni frontali, di protesta al limite del velleitario del loro passato, abbracciano una visione meno cupa, mossi dalla paternità del frontman Joseph Talbot, che nelle interviste parla di un disco intorno al concetto di ‘amore’. Non forzatamente quello romantico, ma l’idea che di questo sentimento ci sia bisogno anche nella dimensione politica dell’esistenza:
“Mi interessa mostrare le diverse sfaccettature dell’amore che non sono così convenzionali, ma sono molto importanti: empatia, pazienza, onestà, comunione, lavoro duro, recupero, perdono. È di questo che ho scritto. Sono ancora lì. Avrò ancora bisogno di passare attraverso di esso, e sono ancora molto interessato a scrivere sull’amore ancora per molto. Lo trovo affascinante e stimolante”, dichiara Talbot.
Gli Idles giocano la carta della varietà.
Sotto il profilo musicale, il cambiamento arriva con un addolcirsi generale della musica, e l’impronta di Godrich è forte. Da Tangk non sono assenti i momenti duri, quelli che piacciono a quanti attendono i live degli Idles per l’impatto fisico, per i mosh pit che scatenano; apprezzeranno senz’altro il singolo Gift Horse e Hall & Oates (bella), quest’ultima un’ode all’amicizia, curiosamente uscita mentre il celebre duo litiga pubblicamente.
C’è la collaborazione con gli LCD Soundsystem in Dance, solo parzialmente riuscita. C’è la bella atmosfera di Pop Pop Pop, che comincia come un Iggy Pop circa 1977, cupa e promettente, ma che poi non si sviluppa in alcuna direzione. Ecco, queste due canzoni, potenzialmente molto interessanti, marcano un limite degli Idles in sede compositiva, più bravi a creare atmosfere che a scrivere delle canzoni complete.
Fa meglio Grace, il brano migliore di Tangk, che gli Idles illustrano con la collaborazione di Chris Martin: attraverso la tecnologia deepfake AI, il celebre video di Yellow viene modificato in modo da mostrare Martin che canta i versi di Grace. Altri momenti (Roy, Gospel) vedono il quartetto impegnato con atmosfere più introspettive e con buoni risultati.
Si sarà capito, Tangk è un disco molto vario, dove non tutti gli esperimenti sono riusciti, ma che certamente mostra la volontà degli Idles di non restare ancorati a un solo suono e tantomeno al ‘brutalismo’ che pure ne ha fatto la fortuna. Manca un brano clamorosamente bello come The Beachland Ballroom o che possa divenire un inno come Never Fight A Man With A Perm, ma nell’insieme Tangk conferma Talbot, Bowen & co. come una delle belle realtà della scena UK.
Be the first to leave a review.