Il pop degli Inhaler raddoppia con Cuts & Bruises
Forti del successo del primo disco, It Won’t Always Be Like This, gli Inhaler raddoppiano con Cuts & Bruises (Polydor). Nonostante il titolo scelto, tagli e lividi in questo disco non se ne vedono, al pari dei grandi cambiamenti che la stampa UK meglio disposta ha annunciato. Anche il produttore resta lo stesso, un Antony Genn dalla vasta e diversificata esperienza. Si continua sull’onda del pop da classifica trovando qualche melodia carina se non memorabile sulla quale appoggiare la bella presenza del giovane Elijah Hewson (il cognome dice qualcosa?). Secondo quanto dichiarano, l’amico San Fender, che appartiene un po’ alla stessa categoria, ha coniato per loro il termine “alternative pop”, dichiaratamente improbabile, ma di “alternative” qui non c’è molto se non si intende che il loro suono tradizionale di chitarre-basso-batteria non è troppo in linea con il pop delle boy band attuali.
Nel disco non manca qualche buon momento
Diciamo che il loro è soprattutto stadium-pop, con un occhio alla terra d’origine e uno agli States. Continuano infatti a suonare come un clone leggero leggero dei Killers (e di chi li ha ispirati). La voce è bella, i geni paterni ci sono e si sentono, anche se ormai è evidente che il pubblico giovanissimo della band non li segue per via della parentela con gli U2. Lì dove trovano qualche buona linea melodica, come in Dublin in Ecstasy (un brano che eseguivano live, molto amato dai fan, ora registrato in studio per la prima volta), Cuts & Bruises cresce e mostra che gli Inhaler qualcosa da dire ce l’hanno, mentre dove il ritmo rallenta (The Things I Do, Now You Got Me, che affossano la conclusione) ci si annoia. Un disco sufficientemente gradevole, nel complesso, dove manca, al pari del primo, ogni desiderio di graffiare.
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