La malinconia di James Yorkston – The Route To The Harmonium.
Perché quando siamo tristi ascoltiamo canzoni tristi? Forse perché esse ci danno conforto, sentiamo che la musica e il canto ci trasmettono una voce sincera alla quale ci affidiamo volentieri per lenire il nostro cuore. Scopriamo che non siamo soli in quei frangenti, che altri prima di noi hanno vissuto le stesse sensazioni e che le sanno esprimere attraverso l’arte. Abbiamo la sensazione che chi canta in qualche modo misterioso ci è vicino, forse perfino conosce meglio di noi quel che stiamo vivendo. Citando il poeta, sembra che il musicista «le secrete vie del mio cor soavemente tiene». Ebbene se il vostro umore vira verso la malinconia, la tristezza, la nostalgia allora ascoltare questo ultimo lavoro dello scozzese James Yorkston potrebbe rivelarsi un’ottima idea.
Il percorso artistico di James Yorkston
A distanza di 5 anni da The Cellardyke Recording and Wassailing Society, disco che segnò la svolta in senso più prettamente cantautorale e intimista di Yorkston, e preceduto dai due bellissimi lavori realizzati col jazzista Jon Thorne e col cantante indiano Suhail Yusuf Khan, ora questo The Route To The Harmonium ne riprende le fila e le porta avanti in un lavoro decisamente riuscito e affascinante.
In questi anni Yorkston si è ritirato in un villaggio di pescatori sulla costa scozzese, vi ha attrezzato un capannone dove conserva svariati strumenti raccolti in giro per il mondo e che utilizza poi nei suoi dischi. Se solo riuscite a immaginare il paesaggio e il clima nel quale è inserito il villaggio di Cellardyke dove vive il Nostro, non vi sarà difficile immergervi nelle atmosfere umbratili e autunnali del disco.
Route To The Harmonium è un album folk
In Route To The Harmonium si legge l’amore per folksinger come Anne Briggs, John Martyn, Bert Jansch, ma anche Nick Drake con la sua visionaria vena malinconica. Nonché il gusto per arrangiamenti raffinati e delicati. Arrangiamenti che Yorkston arricchisce di inedite sonorità utilizzando alcuni degli strumenti della sua collezione, come la nickelharpa svedese, la concertina, l’harmonium, l’autoharp, il dulcitone. Un ruolo importante ha poi la tromba di Tom Arthurs che contrappunta i brani di coloriture pastello e venature jazz nostalgiche ed evocative (ed è assolutamente meravigliosa in Like Bees to Foxglove). Perché non va dimenticato che ci troviamo davanti a un fior di musicista, dal gusto elegante, misurato, equilibrato, creatore di melodie mai banali. E di una incredibile capacità di comunicare un forte di senso di intimità ed empatia con chi ascolta.
I temi preferiti di James Yorkston e Route To The Harmonium
Le dodici canzoni del disco sono, come detto, in gran parte malinconiche e intimiste. Parlano del distacco, di amici che non ci sono più, della nostalgia di casa e della famiglia quando sei in tour, dell’età che avanza, di rimpianti.
Fra queste le nostre preferite sono la già citata Like Bees to Floxgove, l’incantevole The Irish War of Indipendence dal folk ipnotico e dall’avvolgente melodia, l’introspettiva Shallow, meditazione sul trascorrere del tempo, sugli amori trascorsi. In altri casi invece vediamo lo Yorkston più sperimentale, come nella cacofonia free di Yorkston Athletic o nel frenetico spoken word di My Mouth Ain’t No Bible. Ed è qui che apprezziamo la qualità dei testi. Yorkston è anche autore di due romanzi, non privi di una certa ironia nel confrontarsi con altri musicisti: «I could have been a lifer – a Martin Carthy, a Michael Hurley, a Michael Chapman, a Peter Brötzmann». Oppure: «My mind just cracked, but unlike Cohen, no light got in, just dark».
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