Dopo A Written Testimony riemerge Jay Electronica – Act II: The Patents of Nobility (The Turn).
Due dischi in un anno da un desaparecido del rap. Nella recensione di Jay Electronica – A Written Testimony avevo raccontato la strana storia di un debutto passata la quarantina per uno dei personaggi più misteriosi dell’hip-hop anni ’00. E adesso appare il lost album: Act II: The Patents of Nobility (The Turn) è ormai roba da leggenda, secondo la quale sarebbe stato acquistato per 9000 dollari da hackers che l’hanno infine pubblicato, nonostante la resistenza del suo autore. È il disco al quale Jay Electronica lavorava agli inizi del decennio, del quale si prevedeva l’uscita nel 2012, e che è poi stato inghiottito nel misto di ansia e perfezionismo che ha praticamente distrutto la carriera del nostro. Altri casi strani l’hip-hop ne ha conosciuti, come André 3000, ma l’ex Outkast almeno la sua l’aveva detta (eccome!) prima di sparire, e ogni tanto ancora ci grazia con qualche apparizione.
Un disco pirata
Detto questo, ben venga la pirateria che ha portato alla luce questo Act II, un disco al quale sarebbero mancati pochi ritocchi per essere completato. Il mixaggio, certo, alcune rifiniture nel suono e magari nella sequenza dei brani, alcuni versi che mancano, soprattutto verso la fine. In comune con A Written Testimony abbiamo Shiny Suit Theory e qualche tratto qui e lì. Ma sono di più le differenze: in Act II manca l’apporto di Jay-Z (a parte il brano appena citato e un sample in Road To Perdition) così centrale nel nuovo disco, mentre si vede un Jay Electronica certo già impegnato in un percorso spirituale, ma ancora mondano. Che Act II: The Patents of Nobility (The Turn) sia persino superiore rispetto a A Written Testimony è sorprendente, soprattutto dal momento che non è completo, e sottolinea ancora di più la volontà di oblio del suo autore. A suo modo questo non finito è quasi più affascinante di un disco perfetto.
Jay Electronica – Act II: The Patents of Nobility (The Turn): un artista e un disco inconsueti
Ci sono molte delle canzoni di cui si sapeva: Jay Electronica rappa su Bonnie & Clyde di Serge Gainsburg, Charlotte Gainsburg presta la sua voce a Dinner at Tiffany’s, un sample di Quicksand (David Bowie, of course) apre e percorre Run and Hide (collaborazione, non la sola del disco, con un altro desaparecido: l’inglese The Bullits), Night of the Roundtable parte da Faust di Bill Finlay (dal musical Il Fantasma del Palcoscenico). Insomma, non le solite basi rap. Il meglio, tuttavia, Jay Electronica lo dà quando neppure si preoccupa di essere particolare.
https://youtu.be/05jdaO_3R7M
Memories & Merlot è sublime, un loop di piano, solo due minuti e mezzo (forse manca un terzo verso) nei quali Jay ricorda l’educazione impartitagli dalla madre e il primo innamoramento, fra desiderio carnale e intesa spirituale, per concludere che Where there’s no vision, the people perish / So these are the memories I keep and cherish (Dove non c’è una visione, la gente muore/ Così questi sono i ricordi che conservo e amo). Road to Perdition mostra come esista anche una versione meno introversa di Jay Electronica, capace qui di infilare il singolo perfetto, trascinante e inventivo. Nonostante diverse parti del disco fossero emerse nel corso di questi anni, la visione d’insieme cambia le cose, e restituisce alla musica un piccolo genio perduto. Qualcosa di buono nel 2020 doveva pur arrivare.
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