Primo album per il giovane talento inglese Jorja Smith.
Si dice che giovanissima cameriera da Starbucks, Jorja Smith accogliesse i suoi clienti con un grande sorriso e qualche accenno di vocalizzo, non lasciando dubbi su quali fossero le sue reali intenzioni per il futuro.
Vera o falsa che sia, la storiella sulla ragazzina felice (anche bellissima, e chiudiamola qui) che gorgheggia mentre distilla Frappuccini, si inserisce perfettamente in una sceneggiatura che, anche grazie a gente come Drake (è ascoltando il singolo Where Did I Go nel 2016 che le ha chiesto di partecipare al suo More Life) o Kendrick Lamar (convinto da On My Mind del settembre 2017 a volerla nella colonna sonora di Black Panther con I AM), l’ha portata a realizzare le sue fantasie di teenager. E chissà se sono sempre valide le parole di Teenage Fantasy, scritta quando aveva sedici anni: “Vogliamo tutti una fantasia adolescenziale/ La vogliamo quando non possiamo averla/ Quando l’abbiamo sembriamo non volerla più”.
Il sogno realizzato di Jorja Smith
Ora però ci sono queste dodici canzoni (alcune appunto già uscite nel corso del tempo). Con l’iniziale Lost and Found si può considerare saldato l’inevitabile debito con la Winehouse. (Jorja è di Walsall, periferia di Birmingham, un luogo non troppo diverso dal borough della periferia londinese dov’era cresciuta la sfortunata Amy.) Altrove, con lo sguardo rivolto all’inarrivabile Lauryn Hill, Jorja prende coraggio e in Blue Lights – il suo singolo di debutto del 2016 – si cimenta con la questione razziale. Le luci blu del titolo sono i lampeggianti della polizia: “Non correre quando senti arrivare le sirene,” ripete come un mantra. In Lifeboats (Freestyle) viene invece affrontata la questione tragicamente attuale delle migrazioni: “Perché li guardiamo affogare?/ Siamo troppo egoisti nelle scialuppe di salvataggio”.
Lost & Found e il rischio dell’esercizio di stile
Certo, la tessitura sonora complessiva a volte lascia un po’ perplessi. Il costante tentativo di ricreare un’atmosfera r’n’b finisce per omologare il tutto a un raffinato esercizio di stile in cui le canzoni non riescono a esprimere completamente la loro potenzialità. Ammesso che ne abbiano, ma come non dare credito a una ragazza di ventuno anni appena compiuti che in February 3rd ci ricorda di “essere costantemente alla ricerca di se stessa”?
Ps: Il disco prende mezzo voto in più per questo live di tre canzoni live al Tiny Desk di NPR:
https://www.youtube.com/watch?v=yXrlhebkpIQ
Be the first to leave a review.